Dobbiamo parlare: “Nudi e Crudi”

Stefania Senigallia riesce nell’impresa di portare in scena un testo ostico come “Nudi e Crudi” di Alan Bennett con uno spettacolo pungente e frizzante interpretato da una coppia inedita ma ben assortita: Maria Amelia Monti e Paolo Calabresi.

Cosa succede quando un evento imprevisto irrompe nella routine familiare? Un incontro o evento inatteso può cambiare il destino di una coppia rilassata nelle sue abitudini monotone e ripetitive. È quello che accade ai coniugi Ransome che, di rientro da una serata spensierata a teatro, scoprono di aver subìto un furto nel loro appartamento. È un furto che assomiglia ad un trasloco: si ritrovano in una casa spoglia di qualsiasi bene e suppellettile. I nostri protagonisti sono nudi di fronte a loro stessi e non possono sfuggire alla cruda realtà della crisi del loro rapporto. Non hanno perso solo i loro oggetti ma anche l’anima. Come se per la coppia la casa con tutto il suo arredamento costituisse un rifugio sicuro da qualsiasi incomprensione e mancanza di dialogo. Se è uno scherzo o un errore poco conta, in quanto l’evento ha stravolto la quotidianità di Maurice e Rosemary Ransome ora costretti ad ascoltarsi, capirsi ed affrontarsi come mai prima di allora, cambiando irrimediabilmente le loro vite e consapevolezze, soprattutto per Rosemary. Infatti è cosi che i due protagonisti reagiscono diversamente all’evento inaspettato: lei sollevata e rivitalizzata dalla possibilità di un nuovo inizio, lui esasperato e adirato all’idea di un cambiamento. Il tutto crea una frattura tra i coniugi che diventa sempre più furente al susseguirsi di impensabili visite fino all’imprevedibile soluzione dell’enigma con il ritrovamento della refurtiva e il ritorno a una presunta normalità.

Parlare di coppie con un registro autoriale e comico allo stesso tempo senza mai tediare non è cosa semplice. Soprattutto quando si parla di comicità e umorismo nero tipico dell’autore inglese capace di avere uno sguardo lucido e senza tempo sulle dinamiche di coppia, le incomprensioni e l’affievolirsi delle passioni. È una riflessione impietosa e grottesca sulla nostra società ed epoca così borghese ed anaffettiva.

Quello che più convince di questa messa in scena, infatti, è proprio la cura del testo e l’adattamento drammaturgico in italiano di Eduardo Erba sin dal principio equilibrato e persuasivo, capace di essere fedele e usare una libertà ponderata.

Lo spettacolo è un esperimento riuscito: ironico senza mai essere volgare e avvincente senza voler accattivare il pubblico. Perché è possibile ironizzare sulle relazioni e sull’amore, parlare di contemporaneità e rivoluzione della comunicazione utilizzando un registro classico della migliore tradizione anglosassone. Ad aiutare la buona riuscita dello spettacolo è di sicuro il contributo di due brillanti recitazioni: quella di Maria Amelia Monti e Paolo Calabresi calibrati fedelmente all’umorismo nero  dello scrittore inglese Alan Bennett. Non è mancato nemmeno il tocco di colore e brio grazie all’interpretazione del poliedrico Nicola Sorrenti.

Indovinati rintocchi  musicali e una scenografia pertinente completano il mood del restauro dell’opera. A mettere tutto insieme la regia di prestigio e spessore di Stefania Senigallia.

Sembra tutto perfetto: riesce l’immedesimazione, si riflette e si sorride, anche se per lo più amaramente, eppure nonostante tutto non riesce a commuovere. E l’unico difetto di questa rappresentazione così brillane è aver disperso parte delle emozioni.

Roma, teatro Ambra Jovinelli, 28 Gennaio 2016

Vittorio Sacco

 

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