“Fumo blu”: fino a che punto sacrificarsi?

Uno sguardo su come le giovani generazioni lottano per affermarsi nel primo testo teatrale di Gherardo Vitali Rosati.

Indaffarati, iperattivi, desiderosi di “farcela”, i giovani di oggi necessitano di energie sovrumane per star dietro a tutti gli impegni che prendono, pur di raggiungere quel posto fisso che la società odierna sembra voler loro precludere. In una sorta di riflessione autobiografica il critico teatrale del «Corriere Fiorentino» Gherardo Vitali Rosati, anche lui un giovane non-più-giovane, apre una finestra sull’esistenza frenetica e spossante di due trentenni, simbolo della precarietà: una danzatrice e un giornalista. Chi può rappresentare meglio l’estenuante e illusoria sfida se non due ragazzi che cercano di “sfondare” nel settore artistico e culturale? La regia di “Fumo blu”, andato in scena in prima nazionale al Teatro Magnolfi di Prato, è affidata ad Andrea Paciotto e bene si lega a un testo che vuole raccontare una storia semplice, porre interrogativi sulla realtà di tanti altri trentenni che, seppur cimentandosi in altri ambiti, si trovano a dover fare delle scelte, spesso umilianti. I giovani non-più-giovani sono disposti a tutto per ottenere ciò che dovrebbe essere un loro diritto: il lavoro. A trent’anni non sono poi tanto giovani, ma ancora in lotta per garantire a se stessi una certa stabilità.

È difficile tenere in piedi un rapporto quando il lavoro non è limitato alle 8 ore giornaliere, ma si dipana nel tempo, occupando ogni istante del quotidiano. La furia di “stare sul pezzo” di Paolo gli fa perdere i piccoli momenti da vivere con Claudia. Eppure è l’unico modo per ottenere, forse, un giorno, un vero impiego. Circondati dai giornali accatastati in ogni angolo di una scenografia evocativa (di Lorenzo Banci), in cui la smania di “arrivare” ingombra letteralmente la loro vita, Paolo e Claudia appaiono due ingenui che vogliono raggiungere la serenità economica e lavorativa con le proprie forze, talvolta ignorando i giochi tutt’altro che meritocratici su cui si basano determinate professioni. Attendono la grande occasione, sperando, quando sarà il momento, di saperla cogliere. O forse no. Forse dopo tanti sacrifici si rendono conto che, in fondo, vorrebbero solo una “vita normale”.

Fino a che punto è giusto immolare la propria vita, calpestare l’identità, mettere in forse i rapporti sentimentali, solo per un’illusoria assunzione che potrebbe non arrivare mai? Incertezze e dubbi affliggono Paolo (Daniele Bonaiuti), trasandato e insicuro giornalista da “10 euro al pezzo”, e Claudia (Silvia Frasson), sognatrice che ripiega sull’insegnamento non essendo riuscita a guadagnare danzando. E nello spiare la loro inquieta quotidianità ci chiediamo se le loro scelte non siano state pilotate, appesantite dalle figure ingombranti dei genitori, da ideali che appartengono al passato. È solo un’altra ipotesi che Vitali Rosati pone in essere con questa sua prima opera, la quale in scena prende una forma snella e scorrevole dimostrando l’immediatezza del linguaggio teatrale. Merito anche di due interpreti impeccabili, accompagnati dal vivo da Lina Yihwan Lim che, con il suo violoncello, occupa il palco celato da un telo nero. Su di esso un’ampia vetrata, una finestra da cui si può intravedere ciò che c’è oltre o, anche, ci si può specchiare, e guardarsi dentro. Ed è ancora su questo sfondo che le videoproiezioni seguono la narrazione con immagini di attualità, un modo per ricordare che questa è una storia dell’epoca presente.

“Fumo blu” prende spunto da una certa moda del momento che ha diffuso, con scopo incoraggiante, il falso significato dell’ideogramma cinese “crisi”, in cui al termine “pericolo” verrebbe affiancata la parola “opportunità”. Sebbene sul piano linguistico questa diceria è stata smentita, a livello umano va assolutamente rinforzata. È vero che la ricerca del lavoro non è facile, è vero che bisogna tener duro per realizzare se stessi, ma è vero anche che esistono dei limiti da non valicare, come è vero che di fronte alla crisi ci sono persone che si sono re-inventate mettendo in campo nuove forze e nuove idee. Ed è a questi modelli che bisogna guardare, per non arrendersi. È proprio questa instabilità sociale, la criticità della situazione in cui si trovano tanti ragazzi, a offrire anche la possibilità di scegliere. È così che va scacciato il fumo blu, metafora di una densa nebbia che paralizza e rende i due protagonisti ignari del mondo là fuori, inghiottiti in questa corsa al successo che potrebbe anche rivelarsi vana, anestetizzati nei loro reciproci sentimenti.

“Fumo blu” ha origine in un progetto di Residenza Artistica presso La MaMa Umbria International durante il quale, lo scorso anno, sono state presentate una serie di letture sceniche a Spoleto, Firenze e New York (in inglese). Lo spettacolo approderà a Spoleto nel mese di luglio alla 58ª edizione del Festival dei due Mondi.

Prato – TEATRO MAGNOLFI, 21 maggio 2015

Mariagiovanna Grifi

FUMO BLURegia: Andrea Paciotto; Testo: Gherardo Vitali Rosati; Scenografia: Lorenzo Banci; Costumi: Aurora Damanti; Luci: Roberto Innocenti; Aiuto regista, design video e suono: Francesco Domenico D’Auria; Assistente alla regia in stage e violoncello: Lisa Yihwan Lim; Produzione: Teatro Metastasio Stabile della Toscana; Interpreti: Daniele Bonaiuti, Silvia Frasson.

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