“La torre d’avorio”: il processo a Furtwängler

Ottima messa in scena della compagnia fiorentina Kimerateatro a Le Laudi di Firenze.

Non poteva cominciare che con la Quinta Sinfonia di Beethoven “La torre d’avorio” di Ronald Harwood messa in scena al Teatro Le Laudi dalla compagnia fiorentina Kimerateatro diretta da Paolo Santangelo, opera già rappresentata nel 2012 da Luca Zingaretti e Massimo De Francovich e la cui versione cinematografica risale al 2001 con “A torto o a ragione”, regia dell’ungherese István Szabó. Un’opera avvincente che racconta quanto la rabbia per il male e la violenza subiti possano ben presto trasformarsi in crudeltà verso chi è ritenuto responsabile del dolore, attivando un circolo vizioso di rancore e vendetta che non porta certo alla pace. Un testo che narra del secondo dopoguerra, del dopo-Hitler, della denazificazione, ma anche del valore dell’arte, del compito che essa – in questo caso la musica – assolve quando la società sembra risucchiata dal demonio e dell’ignoranza di chi non ha, o rifiuta di avere, la sensibilità per capirlo.

12301476_1495786314057761_7680416770486997550_nWilhelm Furtwängler, direttore d’orchestra e compositore tedesco, decise di rimanere nel suo paese durante il regime nazista pur non aderendo al partito. Nonostante ciò fu inserito da Joseph Goebbels nella lista degli artisti ritenuti fondamentali per la cultura tedesca e questo lo rese un forte sospettato dopo la caduta di Hitler. Posto sotto processo, Furtwängler riferì di essere rimasto volutamente a Berlino con l’intento di donare ai cittadini libertà, umanità e giustizia attraverso la musica durante un periodo tanto buio. Dichiarato innocente, da quel momento in poi l’opinione pubblica, soprattutto americana, ha comunque messo in dubbio la posizione di Furtwängler rispetto al Nazismo. Una macchia indelebile che, come afferma lo stesso personaggio, poteva essere compresa solo da chi quella realtà l’aveva vissuta in prima persona, da chi non si era reso subito conto e fino in fondo di cosa stesse accadendo, illudendosi di poter davvero essere utile con la sola arte, da chi non si era accorto – o si era accorto troppo tardi – che pian piano ogni volontà individuale si stava annullando nell’obbedienza.

12249636_1494490757520650_3665413186939653826_nDedita al teatro contemporaneo e sempre sorprendente nella scelta originale dei testi da mettere in scena, stavolta la compagnia Kimerateatro si è nettamente superata affrontando un’opera non facile. Il merito va prima di tutto a Paolo Santangelo, per l’impeccabile regia e per l’ottima interpretazione di Furtwängler, elegante e pieno di sé, ma anche segnato dai terribili accadimenti storici a cui è stato costretto ad assistere. In grande forma Marco Contè nei panni del Maggiore Arnold Steve, intransigente, ottuso, irragionevole, prepotente, irrispettoso, pronto a fare giustizia a tutti i costi, anche finendo per essere lui stesso iniquo indagando nella vita privata di Furtwängler e, in assenza di prove concrete, cercando almeno di umiliarlo. In lui è evidente il bisogno irrefrenabile di punire i colpevoli con la speranza di poter così in qualche modo smorzare la rabbia e l’orrore per quanto successo. Delicata e toccante la presenza di Eleonora Cappelletti, nei panni della timida e sensibile Anny, come anche quella di Vanni Monsacchi, testimone suo malgrado della sete di vendetta del Maggiore. A completare il quadro Mario Salvaderi e Laura Martelli. Uno spettacolo di profonda umanità, in cui vengono esaltati sentimenti come la vendetta, la rabbia, il dolore, ma anche la vigliaccheria, l’istinto di conservazione e la ricerca spasmodica di un ordine razionale laddove non c’è.

Firenze – TEATRO LE LAUDI, 22 novembre 2015

Mariagiovanna Grifi

LA TORRE D’AVORIOAutore: Ronald Harwood; Regia: Paolo Santangelo; Compagnia: Kimerateatro; Interpreti: Marco Contè, Paolo Santangelo, Eleonora Cappelletti, Laura Martelli, Vanni Monsacchi, Mario Salvaderi. Foto: Davide Gucci.

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