Osborne e la generazione dei giovani arrabbiati

Parte la rubrica che sarà dedicata alle grandi figure della drammaturgia prendendo, ogni volta, spunto da uno spettacolo attualmente in scena

John Osborne

Ricorda con rabbia, piéce del drammaturgo inglese John Osborne, del 1956, è stato definito il manifesto di una generazione, quella dei cosidetti giovani arrabbiati (angry young men) che agirono nell’ambito delle arti, del cinema e del teatro in Inghilterra in un momento storico particolare. La seconda guerra mondiale era finita da alcuni anni e se da un lato si tendeva alla ricostruzione, dall’altro le nuove generazioni mettevano in campo istanze diverse nei confronti di un sistema sociale e politico per molti versi obsoleto. Con un linguaggio realistico, duro, che esprimeva disagio esistenziale, che raccontava di vite ai margini e in odore di contestazione, autori come Osborne per il teatro, Tony Richardson per il cinema – ad esempio – raccontavano di una attualità che avrebbe portato dritti alla rivoluzione culturale, musicale e di costume degli anni ’60. Per intenderci, quella che fa capo alla grande esplosione liberatoria della swinging London in Gran Bretagna, con i straordinari Beatles, i Rolling Stones, la rivoluzione nella moda operata da Mary Quant con l’invenzione della minigonna. Ancora alla fondamentale svolta del teatro d’avanguardia americano, iniziato nel 1956 con il Living Theatre, ed in Europa stessa con i polacchi Grotowski e Kantor o, sempre in America, con le arti figurative fino ad arrivare alla Factory di Andy Warhol, alla personalità trasgressiva del musicista Lou Reed. Un movimento di vasta portata, quindi, soprattutto politica, che chiuse definitivamente un’epoca per inaugurare un momento storico in cui i grandi ideali erano fatti anche di rabbia, di indignazione.

Per il teatro inglese quello fu un momento creativo fertile di nuove idee ed oltre ad Osborne bisogna ricordare la grandezza del premio Nobel Harold Pinter e il suo geniale teatro dell’assurdo, nato anche sulla scorta dell’altro grande genio della drammaturgia dell’assurdo che fu l’irlandese Samuel Beckett. Così la drammaturgia inglese continuava ad esprimere il disagio delle classi giovanili, il loro smarrimento e la mancanza di punti di riferimento, la ristrettezza mentale di una certa borghesia, la parabola di un mondo che andava sempre più verso la totale incomunicabilità e il grande totem del consumismo.

Una drammaturgia in continuo divenire con autori ribelli come Tom Stoppard, di origine cecoslovacca, Edward Bond, fino ad arrivare alla disperazione di una giovane esponente dell’ultima generazione: Sarah Kane, malata di depressione, morta suicida nel 1999, autrice di soli cinque testi teatrali di grande impatto, forza scenica e molto controversi per i contenuti trattati.

Osborne mette in scena Ricorda con rabbia (Look Back in Anger) con grande successo nel 1956 e a distanza di 57 anni il testo conserva ancora tutta la sua forza attuale. Lo dimostra l’allestimento della piéce in scena al Teatro Bellini di Napoli, con la traduzione e l’adattamento di Luciano Melchionna, Gabriella Schina, regia dello stesso Melchionna, protagonisti Stefania Rocca e Daniele Russo, con Sylvia De Fanti e Marco Mario De Notaris. Un allestimento che Melchionna ha in qualche parte reso più leggero ma senza mai abbandonare il filo conduttore dell’intreccio, che così non perde il fascino e lo smalto della scrittura scenica di Osborne e, appunto, ne denuncia tutta l’attualità, nonostante la patina del tempo.

Daniele Russo e Stefania Rocca nell’edizione di Luciano Melchionna attualmente in scena

Un teatro di parola, dove le parole hanno un peso, sono taglienti come lama di coltello e soprattutto vere, senza alcun fronzolo o compiacimento così come è la giusta e convincente regia di Melchionna e l’impostazione recitativa degli attori. Un allestimento che nel suo insieme ricorda anche un certo teatro americano come quello di Tennessee Williams o di Arthur Miller, in qualche modo coevi di Osborne soprattutto in alcune intenzioni. E bisogna rimarcare la prova di grande intensità da parte di Stefania Rocca, nel ruolo di Alison. Dell’attrice abbiamo spesso ammirato la bravura cinematografica, televisiva ed ora anche la valentìa, la sapienza teatrale di questo ruolo non facile.

Daniele Russo è parimenti intenso nel ruolo principale di Jimmy, giovane uomo dalla personalità complessa e disadattata e motore della piéce, che mette in campo tutta la fragilità di quest’anima tormentata. Ancora bravi Sylvia De Fanti e Marco Mario De Notaris, precisi nei loro ruoli. Un plauso alle scene di Franco Ghisu (un interno che rappresenta un magazzino di elettrodomestici che nel secondo tempo si sollevano fino a determinare una prospettiva che ricrea come la panoramica skyline di Manhattan) e ai costumi di Camilla Piccioni, la consulenza musicale del bravo Giovanni Block.

Delia Morea

 

 

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