“Peli”, stip-tease dell’anima

Due donne si fronteggiano in una partita a carte con tanto di thè e fili di perle. Contesti ultra-borghesi e birignao alla Tina Lattanzi e squisite frasi fatte. Vedova inconsolabile l’una, moglie poco innamorata (e molto rifatta) l’altra. Ma in un escalation di verità taciute per decenni e rivelate con virulenza, le signore si svestono lasciando tacchi, calze e parrucche, svelando rancori, fragilità, anime. Le protagoniste rispondono al nome di Alex Cendron ed Alessandro Riceci, al servizio di una regia e di un testo tutto al femminile (rispettivamente di Veronica Cruciani e Carlotta Corradi). Un’inversione di ruoli interessante e dal forte impatto, teatro nel teatro che nel sottrarre verità paradossalmente ne scolpisce i canoni. Il pericolo della mancanza di credibilità è sventato abilmente dalla straordinaria performance degli interpreti: il veneto Cendron (molto cinema, un po’ di tv, ma una precisa impostazione teatrale) è un vulcano sempre in procinto di eruttare, fuoco sotto la cenere di tensione rappresa. La sua Mela è un incanto di amore remoto e perduto. Alessandro Riceci e la sua Rossella inchiodano alla poltrona. Sia quando tace, che quando si esprime, il personaggio è centrato con rara perfezione, e un’abilità tecnica che si sposa con l’anima, in una fusione felicissima. Scene e controscene in equilibrio soave tra passione e rinuncia. Se il ping-pong al tavolo da gioco rivela abilissime qualità di scrittura da parte della Corradi, la tensione esplosiva del finale poteva essere controllata meglio, specie a livello registico, rischiando di disperdere la tesissima temperatura della prima tranche. Se l’idea del liberatorio svestirsi delle protagoniste (che continuano fino alla fine a parlarsi al femminile) è un’idea di indubbia suggestione, si poteva allora forse osare fino in fondo, ad esempio con un nudo integrale che mai come stavolta sarebbe stato tutt’altro che gratuito. In un vortice di verità assoluta, il pudore borghese (contro il quale si scaglia il testo) ha invece forse dato un colpo di coda che ad ogni modo non toglie spessore e suggestione ad uno spettacolo senz’altro riuscito, ben diretto, ben scritto, e soprattutto splendidamente interpetato.

Visto a Caserta, Teatro Civico 14
Antonio Mocciola

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