ROMA. “La pazza della porta accanto”: il domani qui dentro è già passato.

Un telo trasparente separa il proscenio dal palco, una sottile linea immaginaria tra il pubblico e gli attori, la realtà e il sogno, gli incubi e le illusioni, la normalità e la pazzia: va in scena La pazza della porta accanto, un testo di Claudio Fava, omaggio alla tormentata vita della donna e poetessa Alda Merini, con la brillante regia di Alessandro Gassman e la convincente interpretazione di Anna Foglietta.

 

Siamo circondati da gabbie buie, fredde e claustrofobiche, si avvertono lamenti e urla di dolore, una donna trascinata con forza da infermieri è privata delle sue impronte “identitarie”: siamo in manicomio e la donna è Alda Merini. Una donna fragile e incompresa, strappata ai suoi figli e al suo grande amore per la vita, tormentata da ombre e riflessioni depressive. Alda Merini soffriva di disturbi bipolari, alternava silenzi e isolamenti a euforia ed eccitazione. La depressione in quegli anni non era considerata una “malattia” dell’essere ma solo una delle tante manifestazioni irreversibili della pazzia. In quel luogo Alda consolida la sua passione per la scrittura e la poesia. Arrivano ispirati versi condivisi con le altre pazienti, la disperazione e i conflitti interiori, l’esaltazione della fede e della libertà e, inevitabilmente, arriva anche l’amore. Alda incontra, infatti, un giovane internato Pier – interpretato da una lirica e marionettistica performance di Liborio Natali – e insieme vivono un amore dolce e forte ma impossibile perché in un “istituto” per pazzi non c’è spazio per la passione e la speranza ma solo per il dolore e la compassione: “il domani qui dentro è già passato“, siamo nell’anticamera degli inferi.  Lo scriverà la stessa scrittrice dei Navigli in un suo celebre aforisma: “si va in manicomio per imparare a morire”.

Sono solo le parole e la poesia a rendere la vita di Alda più sopportabile.

Il testo poetico di Fava non è solo intrinseco di critica e denuncia sociale e civile sulla pratiche violente esercitate negli anni delle cliniche psichiatriche prima della legge Basaglia del 1978, ma anche una riflessione contemporanea sul dolore, sull’indifferenza, sulla sopraffazione e sui soprusi.

A conferma di questa chiave di lettura è l’interpretazione di tutto il cast, più ricercata e concentrata sui movimenti, sulle nevrosi, sugli spasmi e sul malessere fisico che sulla recitazione.

E così che Anna Foglietta, conosciuta soprattutto per le sue recenti e fortunate apparizioni cinematografiche, abbandona i toni della commedia per vestire  i panni “drammatici” di Alda, in una generosa, persuasiva e viscerale interpretazione, solo a tratti macchiettistica.

Ma è principalmente merito della lucida e ispirata regia di Alessandro Gassman che, con interessanti e indovinati interventi scenografici e cambi di scena, in un misto di luci soffuse e musiche evocative, riesce a dare ritmo e potenza al testo: è un alternarsi esilarante di versi e oniriche immagini proiettate su tela, un crescente di emozioni in un atto unico con un finale sorprendente e di grande lirismo.

Roma, teatro Eliseo, 29 Novembre 2016

Vittorio Sacco

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