Segnali: valori civili e sociologia nel teatro ragazzi

Nel corso della sua storia, Segnali ha cambiato più volte sede, direzione artistica, partner istituzionali, e persino qualificazione (si è definita, nel tempo, ora vetrina, ora rassegna). Per la sua XXVII edizione, i sui organizzatori storici, il Teatro del Buratto ed Elsinor – Teatro Sala Fontana, hanno rinunciato redigere un presentazione. Non ce n’era bisogno, bastava il titolo: Segnali 2016 – Festival Teatro Ragazzi.

Pur nelle endemiche ristrettezze economiche, lasciati ormai alle spalle i luoghi fastosi che avevano ospitato Segnali per diversi anni (il settecentesco teatro Fraschini di Pavia, il più severo, ma non meno imponente teatro Cagnoni di Vigevano), non si è rinunciato, in apertura, a un momento di confronto, a un bilancio sullo stato dell’arte per quanto attiene al teatro ragazzi.

Filippo Del Corno, assessore uscente del comune di Milano, attento da sempre – e non solo in campagna elettorale – alla vita teatrale della città, sottolineando che i bambini e gli adolescenti non si devono considerare semplicemente i cittadini di domani, ma quelli di oggi, ha illustrato un progetto affascinante: sul modello di Torino, anche Milano avrà finalmente una casa del teatro per l’infanzia e l’adolescenza; uno spazio nuovo, con un palcoscenico che, nella bella stagione, potrà aprirsi verso un anfiteatro all’aperto; con spazi per laboratori, bar, caffetteria. Il tutto, secondo le previsioni, dovrà essere pronto per la fine dell’estate. Ilaria Fabbri, storico punto di riferimento, sia del teatro ragazzi, sia del teatro della scuola, oggi responsabile teatrale della Regione Toscana, ha osservato il verificarsi di una mutazione genetica delle compagnie, che tendono a flettersi verso un’offerta, sia rivolta ad adulti, sia ad un pubblico differenziato. Il quadro si è completato con alcuni dati, in parte confortanti, sulle produzioni di teatro ragazzi, fornite da Mimma Gallina, e con uno sguardo oltralpe, nelle testimonianze di Dirk Neldner e Detlef Köhler, operatori tedeschi del settore.

L’insieme degli spettacoli, proposti al teatro Verdi, alla Sala Fontana di Milano, e alla Fabbrica del gioco e delle arti di Cormano, ha offerto, come di consueto, un ventaglio ampio e diversificato di proposte rivolte all’infanzia e alla gioventù.

Volendo abbozzare una suddivisione per temi, molti sono stati gli spettacoli che affrontano il rapporto fra le generazioni e la condizione adolescenziale. La relazione fra padre e figlio costituisce il nucleo di due lavori, peraltro molto diversi (ma è singolare, in ambedue, rilevare l’assenza di una figura materna): più lineare nella struttura, Mai grande, un papà sopra le righe, della Compagnia Airone de Falco; più complesso, e forse non del tutto risolto sul piano drammaturgico, Ho un lupo nella pancia, de La piccionaia e Babilonia Teatri. Nel garbato Me & Te – una piccola storia d’amore, de La città del Teatro Sipario Toscana, la felice scrittura di Donatella Diamanti e Grazia Cassala, intessuta con le intramontabili canzoni di Rita Pavone e Little Tony, inserisce il tema dell’affettività giovanile in una dialettica con i genitori, lasciando spregiudicatamente spazio ad una apertura (ma solo da parte della madre) verso un ipotetico, diverso orientamento sessuale del figlio. Nel godibilissimo Gli equilibristi, della Compagnia del Teatro dell’Argine, il tema è ancora l’adolescenza. Vi si apprezza la ricchezza di idee registiche, la generosa vitalità degli interpreti, l’originalità della scenografia modulare, ma soprattutto la capacità di restituire quel mondo con sapore di verità, scansando gli insidiosi trabocchetti degli stereotipi e dei luoghi comuni: uno spettacolo che nasce, a più mani, da laboratori teatrali effettuati nelle scuole superiori; e si vede. Nella stanza di Max, di Bàbu teatro danza, Associazione Sosta Palmizi, Associazione Ca’ Rossa, grazie alle suggestioni figurative ispirate alla inquietante grafica di Maurice Sendak, autore e illustratore di libri per bambini (ma forse anche con uno sguardo ad Alberto Savinio e Max Ernst), evoca con efficacia sogni ed incubi infantili, con un lieto fine. Una efficace integrazione fra teatro di figura e di attore caratterizza anche Zac colpito al cuore! di Atg Teatro Pirata, Il Laborincolo, Panedentiteatro: una favola costruita con un’ingegnosa scenografia e tenerissimi pupazzi animati a vista, sull’importanza dei sentimenti.

Che ai ragazzini si possano trasmettere anche i valori etici e civili importanti lo dimostra Moun, di Teatro Gioco Vita. Nel solco della raffinata poetica del gruppo, lo spettacolo riprende la favola dell’omonimo libro illustrato di Rascal e Sophie, con la danzatrice Deniz Azhar Azari che si muove con flessuosa eleganza, per lo più controluce, su fascinose dissolvenze incrociate. Non meno efficace, Buonviaggio, di Cicogne Arte musica. Il valore dello spettacolo, al di là della nitida scrittura di Claudio Simeone, della suggestione dei semplice oggetti di scena, nasce dall’efficacia comunicativa di Abderrahim El Hadiri, un attore magrebino, o forse più propriamente, un cantastorie (qualcuno ricorderà il delizioso Heina e il Ghul, di oltre una ventina di anni fa). La storia che Abderrahim racconta, dopo un’introduzione percussiva su un secchio di zinco, è l’odissea di Tarek, emblema di tutti i bambini coinvolti nella tragedia epocale dei flussi migratori; non è la sua, ma è inevitabile un corto circuito, gravido di suggestioni, quasi una identificazione, fra il narratore e lo stesso Tarek.

EQUILIBRISTI
“Gli equilibristi”

Un altro filone fortemente rappresentato è quello che attinge al repertorio classico. Accattivanti i pupazzi dei Musicanti di Brema, di Kosmocomico Teatro, ove Valentino Dragano sa declinare teatralmente la sua sorprendente abilità di polistrumentista. Accurata, sul piano figurativo e sonoro, la confezione di Raperonzolo. Il canto del crescere, del Teatro del Buratto (efficace la suggestione del bosco, e il delizioso canto in un armonioso grammelot); più discutibili alcuni i cedimenti a stereotipi maschio/femmina, che si vorrebbero pedagogicamente superati. Barbablù, fiaba per ragazzi ed adulti coraggiosi di Pandemonium Teatro, a vent’anni dalla prima edizione, è una sorta di omaggio alla carriera di Albino Bignamini che, con i suoi patenti anacronismi (spade, carrozze, e telefono), mantiene la sua efficacia affabulatoria. Meno riuscito L’audaci imprese – Supereroi in endecasillabi, del Teatro del perché: l’innegabile impegno, anche fisico, dei due attori/performer e qualche idea spiritosa, come le frequenti note a piè di pagina, anch’esse in ottava rima, non bastano per avvicinare i ragazzini alla complessa fascinazione dell’Orlando furioso e della Gerusalemme liberata.

In un contesto ove prevale il teatro d’attore e di parola, ancorché spesso coniugata con la danza e il teatro di figura, l’unico lavoro integralmente di animazione digitale è Smartstone – atto unico troglodigitale, di Elsinor, dove però l’eleganza formale e la perizia tecnica di Michele Cremaschi non sono sufficienti a riscattare la sostanziale debolezza drammaturgica e narrativa del testo.

Sherlock Holmes, del Teatro delle Briciole/CollettivO CineticO, è un esempio notevole di come, con modalità godibili, prendendo spiritosamente le mosse dagli schemi narrativi di Arthur Conan Doyle, si possano introdurre con intelligenza i bambini all’arte contemporanea e alla danza.

Fuori sacco, in quanto difficilmente ascrivibile alla categoria del teatro ragazzi, Cinema Paradiso, de La Luna nel letto: un affettuoso omaggio al cinema, nello spirito del quasi omonimo film di Giuseppe Tornatore, dove una serie di spezzoni di film d’antan, e una decina di attori che sembrano balzati fuori dallo schermo (dai Blues Brothers all’Uomo Ragno, a Charlot), restituiscono ai cinefili un fiume di emozioni e ricordi, che temo però siano estranei alla cultura degli adolescenti di oggi.

Mai Grande
Mai Grande

Fuori sacco, in quanto difficilmente ascrivibile alla categoria del teatro ragazzi, Cinema Paradiso, de La Luna nel letto: un affettuoso omaggio al cinema, nello spirito del quasi omonimo film di Giuseppe Tornatore, dove una serie di spezzoni di film d’antan, e una decina di attori che sembrano balzati fuori dallo schermo (dai Blues Brothers all’Uomo Ragno, a Charlot, ma anche l’incredibile bambino Totò, di Giuseppe Di Puppo – nove anni) restituiscono ai cinefili un fiume di emozioni e ricordi. Immagini, temo, purtroppo estranee alla cultura degli adolescenti di oggi.

Claudio Facchinelli

Segnali 2016

Festival del Teatro Ragazzi – XXVII Edizione

Milano – Cormano 4 – 5 – 6 maggio 2016

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