Baliani e Accorsi debuttano con il “Decamerone” di Boccaccio

Dopo il successo del “Furioso Orlando” della coppia Baliani/Accorsi debutta il 9 dicembre in prima nazionale al Teatro della Pergola un altro classico della letteratura italiana.

«Tradire per non far morire la tradizione» è il modo, secondo il regista Marco Baliani, di rapportarsi con la lingua dei grandi autori italiani per portarla in scena, così come ha fatto insieme a Stefano Accorsi con un «tradimento dell’Ariosto» e oggi ritornando in teatro con il “Decamerone” di Boccaccio. Un linguaggio arduo oggi da comprendere, che necessita di un’operazione che lo renda più accessibile al pubblico senza però perderne l’essenza e la levatura: è quello che sono riusciti a fare, riscuotendo grande successo, con il precedente lavoro sull’“Orlando Furioso” e che ora si apprestano a ripetere con l’opera di Boccaccio. Un testo complesso, «dalla struttura polifonica – spiega Baliani, che ha curato adattamento e regia – dove si passa dal sublime al rozzo, dal licenzioso al poetico». Il “Decamerone”, che segna il secondo appuntamento del progetto “Grandi Italiani”, debutterà in prima nazionale dal 9 al 14 dicembre al Teatro della Pergola, coproduttore dello spettacolo, e intanto in conferenza stampa è stato già anticipato chi sarà il terzo pilastro della letteratura della nostra nazione che chiuderà il ciclo: Machiavelli con il suo “Principe”. A fare gli “onori di casa” Marco Giorgetti, che ha sottolineato quanto questo progetto sia in perfetta linea con l’identità della «Pergola teatro italiano», nonostante le nuove riforme mirino a modelli esteri, e ha ricordato la forte tradizione teatrale del nostro paese il cui fiore all’occhiello è stata la Commedia dell’Arte. Orgoglioso anche Marco Balsamo, produttore della compagnia Nuovo Teatro, il quale si dichiara onorato di realizzare qualcosa che in fondo dovrebbe essere compito degli stabili, ossia «portare la letteratura in teatro».

Dopo “Furioso Orlando” e “Giocando con l’Orlando”, due versioni dell’opera dell’Ariosto con cui Marco Baliani e Stefano Accorsi hanno conquistato il pubblico nazionale, i due tornano alla ribalta, stavolta insieme a un gruppo di attori, alla scoperta di un altro grande classico. «Cambiare il DNA di un progetto è stato un grande arricchimento, siamo una compagnia che ha trovato rapidamente un affiatamento mettendosi in gioco con grande semplicità e umiltà», è Stefano Accorsi a prendere la parola per spiegare il senso di rappresentare il “Decamerone” oggi: «mentre nel “Decamerone” del Boccaccio si raccontavano storie per sfuggire alla “pestilonza” che stava uccidendo la città, noi oggi ci ritroviamo a raccontare queste storie perché viviamo in un momento molto difficile della nostra società, politicamente, storicamente, economicamente, e ci piaceva l’idea di creare questo parallelo, cioè recuperare questa importanza che ha il racconto: raccontare qualcosa a qualcun altro che decide di starti ad ascoltare, fino a creare un rito, che crea vita, che crea energia; non è un’energia che si consuma uscendo dall’attore, è un’energia che esce dall’attore, arriva a qualcuno che ascolta e torna all’attore, quindi tutti sono più forti dopo il rito teatrale. E quindi il racconto porta vita, speranza e tanto amore, anche in un momento in cui si fa fatica a sperare». E aggiunge Baliani: «Ogni giorno uno scandalo scalza quello precedente, per cui è una peste molto più grave di qualsiasi altra, non è una peste cruenta, ma… siamo il paese più corrotto. Non è che lo spettacolo vuole essere la soluzione, ma l’arte serve a questo: a tentare di proteggerci da questo assalto».

Gli attori della compagnia Nuovo Teatro, quindi, guidati dal regista Marco Baliani e da Stefano Accorsi nel ruolo di “narratore/capocomico”, si apprestano a omaggiare la lingua italiana e la sua immensa ricchezza. In essa, pian piano, ognuno può riconoscere le sue origini nazionali e, ascoltando il racconto di sette delle 100 novelle raccolte da Giovanni Boccaccio (nato a Certaldo, vicino Firenze, nel 1313), può scoprire quanto il teatro sia un felice tramite per avvicinarsi alla letteratura, rendendo il codice antico in un certo senso più “popolare”.

Foto: Filippo Manzini.

Mariagiovanna Grifi

Share the Post:

Leggi anche