Black Clouds, L’uomo contemporaneo è ormai una macchina?

Fabrice Murgia, neo direttore del Teatro Nazionale belga, ha scelto Napoli e il nostro festival per il debutto internazionale del suo nuovo lavoro registico: Black Clouds. La messinscena ha due preamboli: la madre di Aaron Swartz – programmatore, scrittore e attivista statunitense – che, ai piedi del palcoscenico, racconta le gesta del figlio, la lotta per un web libero e accessibile a tutti, la persecuzione subita da parte dell’FBI, il suicidio all’età di 28 anni al fine di evitare il carcere. Il racconto, intervallato da immagini e contributi video, ci introduce l’argomento dominante dello spettacolo: la potenza della rete, i limiti e l’etica dei naviganti e degli hackers. Il secondo prologo è affidato alternativamente alle parole di Steve Jobs e Thomas Sankara. François Sauveur nel ruolo del fondatore della Apple dà voce al suo celebre discorso del gennaio del 1984, quando presentò al mondo intero il primo Macintosh, annunciando con assoluta lungimiranza la rivoluzione e i cambiamenti che la rete avrebbe apportato al nostro quotidiano. El Hadji Abdou Rahmane Ndiaye nella parte del militare, politico e rivoluzionario birkinabé Sankara, recita il discorso che il “Che Guevara africano” pronunciò sempre nel 1984 alle Nazioni Unite, parole brucianti sulla libertà culturale tutta da conquistare. I due preamboli e i tre discorsi “reali”  introducono quattro personaggi, storie parallele, che talvolta si intersecano, tutte riguardano il web, il suo uso eccessivo che può divenire manicale e ossessivo, la chat che è anche un mezzo di comunicazione erotica, internet come luogo di truffa. Tre personaggi, due occidentali e un africano: François Sauveur, Valérie Bauchau e El Hadji Abdou Rahmane Ndiaye, sono rinchiusi nei loro habitat, opportunamente illuminati quando prendono la parola, i loro discorsi sono proiettati sullo schermo adiacente, lo spettatore può scegliere se guardare l’attore teatrale o quello cinematografico. Il quarto personaggio: Fatou Hane, si aggira su un proscenio-discarica, riempito di cavi, televisori mal funzionanti e pc inutilizzati che in eccessi di ira getta violentemente a terra come gesto di rottura. La Hane, vestita di fili e cavi anch’ella, è come se fosse lo spirito nascosto e demoniaco della rete, ma è anche il simbolo e l’oggetto di un razzismo neanche troppo celato.

Differenze tra il Nord e il Sud del mondo, il razzismo, la solitudine del mondo occidentalizzato, il web potente e invisibile, l’uomo contemporaneo che si fa macchina perché completamente dipendente della rete, della condivisione continua e costante; troppi e importanti sono gli argomenti che Murgia affronta non trovando sempre un reale fil rouge nonostante l’uso sapiente e intelligente della scena, delle luci, delle musiche. Agire per sottrazione trovando un collante più efficace, valorizzare l’interpretazione attoriale – talvolta troppo dimessa – renderebbe questo spettacolo imperdibile.

Mariarosaria Mazzone

Napoli Teatro Festival Italia

Teatro Politeama

03/07/2016

TESTO E REGIA FABRICE MURGIA

CON VALÉRIE BAUCHAU, FATOU HANE, EL HADJI ABDOU RAHMANE NDIAYE, FRANÇOIS SAUVEUR
COLLABORAZIONE DRAMMATURGICA VINCENT HENNEBICQ
VIDEO GIACINTO CAPONIO
LUCI EMILY BRASSIER
SUONO MAXIME GLAUDE
PRODUZIONE/PRODUCTION 
CIE ARTARA
IN COPRODUZIONE CON FONDAZIONE CAMPANIA DEI FESTIVAL – NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA, THÉÂTRE NATIONAL/BRUXELLES, THÉÂTRE DE NAMUR, MANÈGE.MONS
CON IL SOSTEGNO DI EUBELIUS

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