“Che fine ha fatto Cenerentola?”: fine della favola

Crudezza e disincanto nel testo di Giacomo Fanfani per la regia di Ciro Masella a Intrecci d’estate.

Alle favole non ci crede più nessuno, ma tutti sperano che in fondo esistano. Lo sperano soprattutto le giovanissime che, affascinate dalle figure delle principesse, sognano di diventare anche loro, un giorno, altrettanto “belle e buone”. Perché lo stereotipo vuole che bellezza e virtù vadano insieme a braccetto, e che portino, anche, entrambe alla felicità. Agghiacciante e disincantato l’ultimo spettacolo per la regia di Ciro Masella andato in scena in occasione dell’apertura della terza edizione del festival Intrecci d’estate nella magica cornice di Villa Gerini di Colonnata a Sesto Fiorentino: “Che fine ha fatto Cenerentola?”, testo di Giacomo Fanfani, non lascia alcuna speranza spiazzando completamente gli spettatori, alcuni dei quali ancora desiderosi del lieto fine quando si parla di favole. Ma il prologo, in un certo senso, già lascia intendere che di fatato c’è molto poco: alla voce di Gennaro Cannavacciuolo, infatti, è affidato uno stralcio de “La gatta Cenerentola”, fiaba di Giambattista Basile contenuta ne “Lo Cunto de li Cunti” e resa nota dall’opera teatrale di Roberto De Simone, una versione molto più cupa, cruenta e volgare del racconto di Charles Perrault.

cenerentolaIspirandosi all’immagine grave delle due sorelle protagoniste del film “Che fine ha fatto Baby Jane?” (1962, regia di Robert Aldrich), Fanfani riproduce un vissuto di invidia, rabbia e frustrazione che trova corrispondenza nelle sorellastre di Cenerentola, qui ormai vecchie e stanche dopo un’esistenza vissuta all’ombra della “star”, la sorella “bella e buona” che è riuscita ad avverare i suoi desideri. È l’altra faccia della fiaba, quella degli antagonisti, di coloro che non hanno il diritto di realizzare i sogni. Espediente per riflettere su una problematica sociale ed educativa non di poco conto: a cosa aspirano le bambine “brutte”, quali i loro sogni, i loro desideri, quando di fronte a sé hanno un modello di bellezza a cui non possono giungere? E come si sentono poi quando, divenute donne, continuano a essere mortificate da altri prototipi e sono costrette a rinunciare, a «strizzare il desiderio» per «vivere in punta di piedi» come se la loro stessa vita fosse una disgrazia, un’«offesa alla specie e soprattutto al genere». E ancora lo spettacolo invita a pensare: cosa crea nella mente delle persone questo accostamento di “brutto e cattivo” che nelle fiabe caratterizza gli antieroi? Non c’è da biasimare poi chi, inserendosi in questa categoria, crea intorno a sé un vissuto di orrore da cui è difficile uscire; come Anastasia e Genoveffa, sono esseri rovinati, risucchiati dal risentimento, con il cuore affaticato e troppi sogni stroncati.

11121986_10152995637164786_1967350135_nCompletamente calati nei panni delle sorellastre gli attori Ciro Masella e Rafael Porras Montero, dall’interpretazione intensa e magnetica: delicati e rabbiosi, commoventi e autentici, sono due donne ormai anziane che affrontano in modo totalmente diverso il dolore e la depressione derivanti da quella che potrebbe essere definita una vita “sfortunata”. In un andamento tragicomico le due sembrano rivelare che nel sostegno reciproco, in fondo, siano riuscite, per certi versi, ad affrontare la realtà, a trovare un senso al tutto che le circonda, un moto consolatorio che talvolta le incoraggia, altre le angoscia, ma sempre le motiva ad andare avanti. È così finché la visita inaspettata di Cindy (Caterina Fiocchetti), una Cenerentola moderna dedita a famiglia e opere di bene, le mette di fronte alla più grande disillusione: quella vita ideale, pura, da “star”, a cui avrebbero ambito anche loro, se solo avessero potuto, è una vita da schifo. Ordinaria, convenzionale, è una prigione in cui “dover essere”, fingendo che i desideri si siano avverati. La scena si fa drammatica: nel confronto con la disperazione della “bella” non c’è conforto, l’epilogo può essere solo uno, mentre intorno a loro montagne di lettere di fan di un mito fasullo segnano il bisogno di credere, che si alimenta dentro ognuno di noi, quel bisogno di aspettare che prima o poi la favola si realizzerà per tutti.

Alla fine dello spettacolo, che Masella incentra su una immobilità della scena in cui vanno a condensarsi tutte le emozioni, sorge il dubbio sull’utilità delle fiabe, viene da chiedersi perché creino condizioni perfette, irreali. Ma è a questo, in fondo, che servono: a infondere la speranza in ogni anima innocente. Poi, crescendo, ci sarà sempre tempo per scoprire se il principe esiste e che quel po’ di “azzurro” va cercato con cura.

Sesto Fiorentino – VILLA GERINI DI COLONNATA, 3 luglio 2015

Mariagiovanna Grifi

CHE FINE HA FATTO CENERENTOLA?Autore: Giacomo Fanfani; Regia: Ciro Masella; Costumi: Cinzia Rosignoli; Suono: Angelo Benedetti; Allestimento: Silvia Avigo; Produzione: Con-fusione/Uthopia/tra Cielo e Terra; Interpreti: Caterina Fiocchetti, Ciro Masella, Rafael Porras Montero; Voce: Gennaro Cannavacciuolo.

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