“Dallas Buyers Club”, un film indipendente in corsa per gli Oscar

Un film , che riporta al cinema, dopo anni di quasi oblio, il dramma dell’AIDS, si avvale di due ottime interpretazioni in odore da Oscar

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Il primo film americano a trattare di AIDS fu An early frost (“Una gelata precoce”) diretto da John Erman. Il film è del 1985 e fu prodotto per la televisione, ma riscosse un enorme successo. Cinque anni dopo uscì, nelle sale cinematografiche internazionali, Longtime companion (“Che mi dici Willy?”) di Norman René e dal 1993 tutti ricordiamo il grande successo di Philadelphia. Con questi film il tema dell’HIV e dei pericoli del sesso non protetto, raggiungono la loro massima popolarità e hanno arricchito il pubblico di una maggiore sensibilità rispetto al problema. Ma, dopo questo grande esordio, a parte eccezioni come Kids (1995) di Larry Clark, l’interesse del cinema nei confronti del mondo dell’AIDS è calato, trasformando la malattia in una mera comparsa, ricorrente in moltissime storie (tra le più celebri: Forrest Gump – 1994; Trainspotting – 1996; Le fate ignoranti – 2001). Questo perché con gli anni, grazie anche a nuove terapie molto efficaci, l’HIV è diventata una sorta di problema ‘quotidiano’.

Dallas Buyers Club, di Jean-Marc Vallée, ci ricatapulta in questa realtà dimenticata, ma con un occhio attuale. Non è solo l’AIDS, infatti, su cui fa riflettere, ma anche i rischi della medicina sperimentale, i disumani interessi economici delle case farmaceutiche e le cure compassionevoli, argomento molto caldo oggi, proprio in Italia. Il film si ispira alla storia vera di Ron Woodroof, un uomo rozzo e omofobo, il classico cowboy texano, la cui esistenza, in bilico tra rodei, cocaina e prostitute, viene tramortita dalla notizia di avere solo trenta giorni di vita a causa dell’AIDS. Ma Ron non ci sta e cerca di scoprire delle cure alternative sfidando la legge, la F.D.A. (Food and Drug Administration) e scoprendosi un uomo determinato e giusto.

Salta immediatamente all’occhio la fisicità sconvolta dei due attori principali Matthew McConaughey e Jared Leto (dimagriti rispettivamente ventitre e tredici chili; arte in cui solo Christian Bale sembrava averci abituati). Ma, mentre le capacità di Leto erano già promettenti in Requiem for a dream (2000) e Lord of war (2005), McConaughey, nonostante gli inizi (lo ricordiamo nel 1997 in Amistad di S. Spielgerg), si era reso popolare con commedie del ‘calibro’ di Prima o poi mi sposo (2001), Come farsi lasciare in 10 giorni (2003), ecc.; anche se, ultimamente, aveva dato prova di una certa bravura ritrovata in Mud (2012) e Magic Mike (2012). Stavolta però, l’intero film si regge sulle spalle della sua immensa performance. Mi sono dovuto ricredere riguardo un attore che consideravo, alla pari di Hugh Jackman, solo un sex symbol e che, invece, mi ha regalato un’ammaliante sorpresa. Non da meno è il deuteragonista Jared Leto, una strana e affascinante creatura del panorama artistico americano, che in questo film consacra tutto il suo raffinato talento nel recitare la parte di un giovane omosessuale, Rayon, malato anch’egli di AIDS e partner in affari di Ron. Jennifer Garner, terzo personaggio chiave, non è all’altezza, ma riesce comunque, vista anche la marginalità del ruolo, a non togliere niente al film. Le interpretazioni, la sceneggiatura (scritta ben vent’anni prima da Craig Borten e Melisa Wallack) sono talmente buoni da non farci quasi accorgere di un altrettanto ottima regia, che ‘accompagna’ gli attori in modo incalzante, pulito e deciso. Molto efficaci e precise anche le musiche di Danny Elfman.dallas buyers club 2

Entrambi M. McConaugheyeJ. Leto hanno vinto il Golden Globe come: Miglior attore in un film drammatico e Miglior attore non protagonista e Dallas Buyers Club è attualmente nominato agli Oscar per: Miglior film; Miglior attore protagonista; Miglior attore non protagonista; Miglior sceneggiatura originale; Miglior montaggio e Miglior trucco e acconciatura.

In questo tripudio generale per le opere di Martin Scorsese, David O. Russell e Steve McQueen, Dallas Buyers Club appare come un piccolo capolavoro: diretto, immediato e senza troppe pretese, ma incredibilmente ricco e completo. Un film indipendente, strepitoso sotto ogni aspetto.

Guglielmo Corduas

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