“Dall’Inferno al Paradiso. I viaggi dell’anima”: un caleidoscopico viaggio dantesco

NoGravity Dance Company ed Emiliano Pellisari al Teatro Verdi di Firenze: quando l’arte è degna del proprio nome.

All’interno del ricco cartellone della stagione 2015 del Teatro Verdi di Firenze, figura “Dall’Inferno al Paradiso. I viaggi dell’anima”, sorprendente performance realizzata dal coreografo Emiliano Pellisari. La NoGravity Dance Company, in scena il 30 ottobre, ci racconta la “Divina Commedia” di Dante come l’abbiamo sempre immaginata, ma come non l’abbiamo mai vista.

«Per me si va nella città dolente, / per me si va nell’eterno dolore, / per me si va nella perduta gente». L’incipit è forte. Una voce fuori campo recita i celebri versi immortali della “Divina Commedia”, immortali come tutte le anime, anche quelle dannate ad un terribile ed interminabile destino infernale. L’ombra di un uomo, o di un’anima, sorregge una gabbia quadrangolare di cui non si vedono le pareti; all’interno vi è intrappolato l’embrione di un’altra anima, stretta, in posizione fetale, entro i limiti che lei stessa, durante la vita terrestre, si è costruita. Dopo la morte di un uomo, il suo corpo svanisce. Adottando, come forse converrebbe, una posizione agnostica, immaginiamo che ciò che rimane di un uomo dopo la morte sia la sua più estrema interiorità, quella che, indubbiamente, ha peccato, benché l’esteriorità dell’umano le impedisca di arrivare alla luce, la mascheri, la nasconda, se ne vergogni e, beffardamente, faccia finta che non esista. Proviamo ad ipotizzare, dunque, che la morte sia simile al concepimento, in cui un piccolissimo feto, rannicchiato e indifeso, si trovi in un altrettanto piccolo spazio buio, in cui sogno e realtà si mescolano, vanificando qualsiasi certezza. L’onirico viaggio dantesco, che può somigliare ad un’antica ed oscure fiaba è, in realtà, molto di più. È un’opera che, peccatrice o no, continuerà a vivere, almeno fino alla scomparsa dell’intera umanità e chissà se, allora, la sua strada sarà l’Inferno, il Purgatorio o il Paradiso. Un capolavoro di tale portata, ha ovviamente condizionato, come altri classici della letteratura, il nostro quotidiano, perché se si è cattivi si va all’Inferno, perché se i nostri comportamenti si fanno catturare dalla superbia, dall’avarizia, dalla lussuria, dall’invidia, dall’gola, dall’ira, dall’accidia diventano peccati capitali e, in questo caso, il Paradiso è perduto per sempre. Dunque un’ammonizione alla buona condotta, non a seguire quello che comunemente chiamiamo cuore.

“Dall’Inferno al Paradiso” ripercorre temi ed episodi principali dell’opera di Dante Alighieri, scandendo, grazie a musica, luci e movimenti, la divisione nelle tre diverse dimensioni extraterrestri. Ciò che è geniale e davvero impressionante è come la “Divina Commedia” viene raccontata. I danzatori sono soltanto sei, ma sembrano una grande folla di anime che fluttuano nell’aria. La scenografia, creata dall’illuminazione, dal gioco di luce e ombra, porta alla distorsione di ogni percezione dello spazio. La gravità, o meglio, la mancanza di gravità, è la protagonista e per il pubblico è impossibile svelare il trucco: nuotano, volano, sono sdraiati, sono appesi. L’unica certezza è la perdita di orientamento: siamo davanti ad uno spazio e ad un tempo regolati da norme che non appartengono a noi, ma ad un mondo ultraterreno. La NoGravity Dance Company ci mostra un’arte degna di essere considerata tale e il coreografo dimostra come un’arte contemporanea e innovativa possa essere meravigliosa. La tecnica artistica e atletica sono la chiave di tutto e, con l’ausilio degli altri elementi che nell’arte performativa dovrebbero sempre cooperare (coreografia, mimica, suono, luce, meccanica ecc.), generano meraviglia come quella che i primi caleidoscopi creavano nei semplici occhi di chi li ammirava. Il percorso dalla selva oscura all’alto dei cieli è ben comprensibile grazie al mutare delle atmosfere, in cui anche la musica fa la sua parte: da un genere techno e sperimentale a J. S. Bach, a Rossini, a Stravinskij, passando da Satie, che dà l’idea di sospensione tra due mondi opposti che sembrano non volere e non potere comunicare, per finire con Steve Reich e la gravità del suo “Violin Phase”: siamo ormai in Paradiso, ma perché permane il senso di ansia, timore, colpa? Forse Inferno, Purgatorio e Paradiso ci appartengono tutti e tre allo stesso modo, come un irrisolvibile conflitto interiore.

Firenze – TEATRO VERDI, 4 novembre 2015.

Benedetta Colasanti

DALL’INFERNO AL PARADISO. I VIAGGI DELL’ANIMA – Ideazione e coreografia: Emiliano Pellisari; interpreti: Marianna Porceddu, Antonella Perrazzo, Lucia Orru, Eva Campanaro, Mirko Simeone, Rocco Ascia; produzione: NoGravity Dance Company; musiche: Emiliano Pellisari Studio, Jean Sibelius, Erik Satie, Johann Sebastian Bach, Gioacchino Rossini, Igor Stravinskij, György Ligeti, Meredith Monk, Steve Reich; voci recitanti: Gianni Bonagura, Laura Amadei, Carla Ortenzi, Marion Chiris.

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