“Della paura del coraggio”: il bisogno di legalità che ha il tuo volto… e il tuo… e il tuo.

La compagnia del Teatro Kismet OperA ha portato in scena, sabato 17 e domenica 18 gennaio, lo spettacolo “Della paura del coraggio”, diretto dal regista pugliese Lello Tedeschi.

La parola chiave sulla quale si incentra tutta l’azione è LEGALITÀ. Una legalità immersa nel vivere quotidiano degli attori Ignazio Dimastropasqua e Piera Del Giudice, che riproducono quasi meccanicamente i gesti comuni della “preparazione alla vita” – come ribadiscono più volte mentre si vestono sul palcoscenico. Pettinarsi, lavarsi i denti, truccarsi, vestirsi: tutti gesti abituali riprodotti ogni mattina senza darci importanza alcuna. Ma se questi gesti fossero anche gli ultimi compiuti prima di morire, di essere ucciso? E se ad essere ucciso fosse un innocente, “colpevole” unicamente di non volersi più piegare agli obblighi imposti da un gruppo di uomini senza scrupoli?

Lo spettacolo prende a pretesto la storia di Giovanni Panunzio – imprenditore edile foggiano ucciso nel 1991 per non aver voluto pagare una tangente – e affronta il tema scottante della legalità, ampliando l’analisi alla paura provata da coloro che si trovano coinvolti, loro malgrado, in una lotta impari, opponendosi all’illegalità e alle devianze. Viene così denunciato anche il senso di solitudine nel quale ci si trova a sprofondare per aver disperatamente e ingenuamente cercato di salvaguardare le proprie libertà e dignità di essere umano pensante.

Lo spettatore – coinvolto sul palcoscenico quasi fosse la sua storia e la storia dei suoi padri quella che viene raccontata – prova una sensazione di impotenza e profonda rabbia all’idea spiacevole che queste libertà e legalità negate rappresentino una parte preponderante nella nostra comunità e, per questo, che ci riguardano molto più da vicino. Potremmo essere noi i ricattati, gli innocenti che ogni giorno provano paura: paura per la propria vita, paura per le ritorsioni su familiari e amici.

In “Della paura del coraggio”, la vittima in questione non viene eroicizzata ma diventa il principale testimone di una realtà che, immersa nell’ambiente domestico, risulta ancora più agghiacciante e vicina. I suoi ultimi terribili attimi di vita vengono così risucchiati dalla quotidianità e banalità delle azioni, a dimostrazione del fatto che ognuno di noi potrebbe, un giorno o l’altro, essere Giovanni Panunzio.

Si susseguono poi altre figure, testimoni ed esempi di altrettante vite ordinarie, di altrettante prese di posizione. Tra questi risuona forte la lettura delle pagine del diario appartenente ad un giovane quindicenne – in una citazione del libro Gomorra di Roberto Saviano – qui a sottolineare l’ampiezza del problema e la radicata consapevolezza di chi, di quel Sistema, ne fa parte:

 

“Tutti quelli che conosco o sono morti o sono in galera. Io voglio diventare un boss. Voglio avere supermercati, negozi, fabbriche, voglio avere donne. Voglio tre macchine, voglio che quando entro in un negozio mi devono rispettare, voglio avere magazzini in tutto il mondo. E poi voglio morire. Ma come muore uno vero, uno che comanda veramente. Voglio morire ammazzato”.

 

“Della paura del coraggio”, con ritmo incalzante e rabbia nel movimento, trasmette allo spettatore la coscienza di quelli che sono i limiti delle nostre azioni, della comunità nella quale viviamo, senza patetismi inutili e altrettante inutili mortificazioni.

 

Alessandra Lacavalla

 

DELLA PAURA DEL CORAGGIO

regia Lello Tedeschi

con Ignazio Dimastropasqua, Piera Del Giudice

luci Carmine Scarola

Teatro Kismet OperA

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