“EDUA'”, LA SCONFITTA DEL POTERE E IL POTERE DELLA SCONFITTA

eduà-ii-road-tv-610x250Vista dall’alto del ponte di Santa Teresa, alle prime luci della sera, la Sanità è un formicaio fluorescente di fari di motorini, che imperversano rabbiosi avanti e indietro, senza causa, né mete. Fioche le luci del lampioni, perchè alla penombra certe cose vengono meglio, nel silenzio assenso delle amministrazioni, che preferiscono le luci mediatiche e le opere inutili. In questo gorgo di desolante, apparente vitalità, Mario Gelardi ha conficcato, come una bandierina sull’Everest, il suo Teatro Sanità. Ed è qui che Roberto Azzurro ha portato il suo “Eduà”, con Carlo Caracciolo e Cinzia Mirabella. Attorno a loro, un coro sgangherato di lazzi vernacolari, ma anche di ammirate, quiete attese. Lo spunto di Marlowe, e del suo “Edoardo II”, da il la ad un’opera di struggente lirismo, in cui Azzurro s’immerge con voluttuosa dedizione, e a cui Caracciolo dona ottima sponda, e giovanile soffio. L’amore omosessuale è, allo stesso tempo, al centro e sullo sfondo. E’ più potere che si sgretola, che soavemente si degrada, quello a cui rinuncia re Edoardo per il suo Gaveston, occhi verdi e ambigui, che promettono poco di buono (e per questo seducono). C’è estetica, c’è messaggio, c’è teatro, in questo Edoardo familiare (“Eduà” vezzeggiativo geniale) che resta maestoso anche nella suprema bellezza della sconfitta, perchè se si cade per amore si cade sempre a testa alta, benchè coronata. Stemperano le suggestioni i raccordi narrativi della Mirabella, e la caciara del coro, tra cui si fan notare Annabella Carrozza, Martina Rapone e Carlo Gertrude. Risuonano, forti come gli applausi, le ingiustificate assenze delle associazioni Glbt, i cui componenti saranno stati forse impegnati in qualche discoteca.

Sotto il ponte, intanto, si è fatta tarda sera. I motorini riposano legati ai pali. Nelle case si accendono le luci delle chat. Ma certe fiammelle, se pur deboli, durano di più.

Antonio Mocciola

 

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