“Frane”, gli infiniti pezzi in cui riesce a sgretolarsi la natura di ogni cosa

Al Teatro delle Arti di Lastra a Signa il monologo coreografico di Eleonora Chiocchini.

I movimenti rievocano gli scatti di un meccanismo a tratti istintivo e automatico insieme, come scatta l’ingranaggio che permette all’automa di non essere un corpo inerme ma anzi dinamico oltre ogni misura. Al Teatro delle Arti di Lastra a Signa è andato in scena il monologo coreografico vincitore del Premio Toscana Factory 2011 di Eleonora Chiocchini, unica protagonista della variazione sul palcoscenico.

18 minuti in cui l’interprete e danzatrice porta in scena il contrasto cromatico che rende percettibili gli estremi compresi tra la tensione interiore e la calma apparente, rovescia il bianco dalla sua abituale concezione di purezza e lo lega non solo all’opposto del suo significato più ovvio, ma anzi lo carica di ansia, preoccupazione, angoscia; al bianco si lega il rumore della frana che destabilizza un terreno e lascia rotolare a terra i mille frammenti in cui si sgretolano le superfici meno resistenti all’urto, il bianco è ciò che resta quasi con violenza su una scena scura, essenziale, priva di qualunque costrutto scenografico. I giochi di luce realizzati da Andrea Margarolo sono attenti e puntuali, sono elementi narrativi che creano un certo background entro il quale doversi muovere, i “dove” lasciare le “parti” di cui ognuno vorrebbe liberarsi.

Il faticoso tentativo di emanciparsi dalle tensioni che rendono più vulnerabili in relazione agli eventi, non sempre porta al vero riscatto anzi, l’interprete mostra quanta forza, anche fisica, serva anche solo per procedere semplicemente… in avanti. La percezione di poter abbandonare seppur momentaneamente le inquietudini dell’animo è fittizia perché i frammenti in cui si può sgretolare la parte più intima di sé restano nonostante si tenti, anche visibilmente, di mettersi completamente a nudo. Il consistente tulle bianco che resta sul palcoscenico si carica così di un insolito peso che allontana dalla consueta leggerezza di riferimento del tessuto, ma anzi diventa l’elemento da cui risulta davvero impossibile staccarsi del tutto.

Estremamente suggestive sono le parti di coreografia accompagnate dalla voce fuoricampo di Giulia Zeeti; l’idea di un certo qualcosa che si è sgretolato e che non si presenta più nella sua compattezza ed integrità è reso da questo altro richiamo che completa un quadro di contrasti generali. La voce non trasmette un messaggio sempre limpido e chiaro appunto, a volte si ha la sensazione di ascoltare un disco graffiato che non riesce a procedere nell’esecuzione e che quindi si sofferma  sulla stessa parola, fintanto che non arriva qualcuno a mandare avanti la traccia.

Viene da pensare che è inutile tentare di fuggire da certi turbamenti interiori senza l’affronto e lo scontro, non perché non ci sia salvezza, ma perché la fuga non implica risoluzione ma solo una momentanea evasione. Ecco infatti l’epilogo che lascia aperta questa riflessione: i frammenti da cui si è cercato un certo distacco, ma che si sono depositati nonostante tutto nello stesso spazio d’azione dell’interprete, risucchiano come in un vortice il corpo dall’improbabile convinzione di un riscatto. Una certa sicurezza tuttavia, sembra ritrovarsi incredibilmente proprio in quelle parti da cui si è tentato di allontanarsi; alla fine c’è una volontà naturalmente indotta ad essere di nuovo irretiti da quel turbine che avvolge quasi candidamente e che sembra, nonostante tutto, proteggere.

Lastra A Signa (FI) – TEATRO DELLE ARTI, 17 aprile 2015

Laura Sciortino

FRANEdi e con: Eleonora Chiocchini; Elaborazione sonora: Gilles Dubroca; Luci: Andrea Margarolo; Produzione: Compagnia Simona Bucci.

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