“Il Fulmine della Terra”, per non dimenticare la tragedia dell’80

il fulmine nella terra 2Orazio Cerino ipnotico interprete del testo di Mirko Di Martino che racconta magistralmente il sisma sociale di un intero paese attraverso l’arte del teatro e denuncia.

 Il 23 novembre 1980, al 34° del secondo tempo del famoso Derby D’Italia, mentre giocano Juve e Inter, la terra del profondo Sud Italia, sconosciuta a tanti ma ancora per poco, si spacca e inizia a tremare. In soli novanta secondi verrà segnato un significativo pezzo di storia sulle macerie dell’Italia Nostra. È con “Il fulmine nella terra”, monologo prodotto dal Teatro Dell’Osso di Lioni che Mirko Di Martino, autore e regista, racconta magistralmente il sisma sociale di un intero paese attraverso l’arte del teatro e denuncia. Ci porta alla memoria del terribile terremoto in Irpinia, ai diecimila morti, ai mille dispersi, alle quattrocento mila vittime della provincia di Avellino con l’ipnotica interpretazione di Orazio Cerino, giovane attore salernitano, che ci conduce per tutto lo spettacolo in uno struggente racconto, a tratti segnato da un’amara comicità, facendo arrivare le voci di chi, in quella terra squarciata e segnata a vita, c’è vissuto veramente. Parlano i vivi e i morti, attraverso il ricordo e una pungente denuncia sociale e politica, difronte alla quale è impossibile non riflettere e interrogarsi. Dopo trent’anni, apparentemente lontani da quella Italia degli anni ottanta, in cui la RAI chiudeva le trasmissioni alle undici di sera e gli italiani ballavano a suon di Disco-music, in un’Italia dove non c’erano telefonini, computer e internet, dove per tutti e primi fra tutti ,politici e militari, il Sud non esisteva se non per i tanti giovani che arrivati dall’estremo nord in soccorso alle popolazioni terremotate, scoprono una terra dove non c’è sempre il sole, Mirko Di Martino con Orazio Cerino e Melissa Di Genova ci fanno pensare ad un terremoto che ancora esiste prepotentemente nella coscienza di un’ Irpinia dove il presente testimonia di conti col passato ancora aperti, di giovani e anziani che davanti alla ricostruzione non ritrovano più la terra e le radici della loro identità ,che non si ritrova più come la luna che nella notte del 23 novembre e quelle a seguire “ Se n’è scappata…”. Qui  il terremoto ha fatto la grazia di far diventare italiani pure le facce meridionale bruciate dal sole in paesi dimenticati dagli uomini stessi e dove chi si è salvato è perché “ Si è appeso alla mano di Dio”,ma ancora oggi la terra continua a tremare nel cuore della gente e dei luoghi.

Avellino – MUSEO IRPINO , 23 Novembre 2013

Milena Acconcia

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