“IL GABBIANO”. Si può esser davvero liberi di amare?

La scena invade la vastità del palco, non uno spazio vuoto sul fondo. Quinte abbassate, oggetti ammucchiati e accatastati, angoli più o meno nascosti fungono da camerini, una grande confusione regna ed i personaggi sono poggiati come all’interno di una casa di bambole.

All’improvviso si animano e, pronti ad assistere allo spettacolo, si posizionano su sedie di vimini bianche. Al centro un trono per Irina, subrette decaduta con le sue tante borsette ed un’aragosta dipinta sull’abito bianco. Prima immagine di una moralità perduta, di sentimenti confusi e peccaminosi che correranno lungo il dramma.

Una voce fuori campo inizia a recitare il testo composto da Konstantín Gavrílovič. É Nina a declamare. La sua apparizione é una ventata di leggerezza, si muove e svolazza come un gabbiano, la sua giovane età e la gioia incontaminata contrastano con la passività e la malsana pacatezza dell’intera compagnia da giardino.

Un senso di fastidio colpisce immediatamente: uno stonato accento finlandese accompagna tutta la recitazione di Benjiamin Stender, nel ruolo del protagonista, come non bastasse, anche gli altri personaggi sono contraddistinti da accenti dialettali, voluti si suppone, ma che risultano una scelta assolutamente in contrasto con la purezza del testo.

La messa in scena segue con pedissequa riproduzione del testo, il ritmo non é costante ed a tratti si fatica a mantenere l’attenzione.

Protagonosti del dramma sono quattro artisti, i cui destini risultano fallimentari e, nonostante il loro accanimento, nessuno riesce davvero a “sentire” il successo. Non vi sono riconoscimenti, e qualora arrivino sono frutto di un amore incontrollabile e malsano (Irina- Konstantín, Nina-Trigòrin, Mascia-Konstantín).

Il dramma si snoda quasi fosse un susseguirsi di quadri al cui interno i personaggi si mischiano e si inseguono. Scene di gelosia femminile fanno capolino, l’isteria si mostra e, da spettatrici, quasi si prova vergogna per il totale abbandono dei sentimenti.

Il lago é il bagno di tristezza di ognuno. Ciascuno vuole allontanarsi, andar via, sopraffatto dalla malinconia e dalla propria inadeguatezza, eppur resta. Resta Trigòrin, resta Nina e con loro tutti gli altri.

Dopo due anni li troviamo ancora lì. Il caos incontrollato della scena e dei sentimenti ha lasciato spazio al bianco e nero di uno spazio svuotato. Pochi oggetti, qualche viso triste, e qualche sorriso artefatto. C’è chi alla passione che divora ha prefetito l’amore di un uomo e con lui di una famiglia, ma la tristezza regna nel cuore. C’è chi anocor si strugge per un’amore troppo grande, per uno scrittore troppo importante, per una vetta cui piccola Lolita non può giungere. C’è chi apparentemente é riuscito a scriver testi rilevanti, eppur l’amore, quello é rimasto non corrisposto e, talvolta, é un insuccesso insopportabile.

Il dramma si chiude come una sonata di spettri intorno ad un tavolo, l’ultimo rintocco é il colpo di pistola che Konstantín si infligge.

A noi resta un solo interrogativo: cosa ha voluto uccidere? l’Amore per Nina o per il teatro?

Roma, teatro Vascello, 14 gennaio 2015

Elena Grimaldi

Dal 13 al 25 gennaio dal martedì al sabato h 21 – domenica h 18
Sala Giancarlo Nanni

La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello
in collaborazione con Compagnia Lafabbrica

IL GABBIANO
di Anton Cechov

regia Fabiana Iacozzilli
con Simone Barraco, Jacopo Maria Bicocchi, Elisa Bongiovanni, Luigi Di Pietro, Francesca Farcomeni, Guglielmo Guidi, Anna, Mallamaci, Ramona Nardò, Benjamin Stender, Paolo Zuccari
collaborazione artistica Matteo Latino
regista assistente Marta Meneghetti
aiuto regia Giada Parlanti
assistente alla regia Gabriele Paupini
scene Matteo Zenardi
disegno luci Hossein Taheri
costumi Gianmaria Sposito

 

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