“Il padre infedele”, la dimensione d’uomo di Antonio Scurati

copertina libro di scuratiSi può essere, al tempo stesso, buoni padri ma mariti infedeli? E’ questo l’interrogativo di fondo che corre lungo tutto il nuovo romanzo di Antonio Scurati, “Il padre infedele”, edito da Bompiani.

E’ la fotografia di una famiglia come tante, e come tante in crisi: economica, innanzitutto, ed esistenziale, in secondo luogo.

Il protagonista della storia è Glauco Revelli, chef milanese laureato in filosofia in perenne rincorsa alla stella sulla guida Michelin, che alla soglia dei fatidici “anta” capisce che è arrivato il momento per mettere su famiglia: conosce Giulia, se ne innamora (o meglio, “decide” di innamorarsene), nasce Anita. E dalla nascita di Anita cessa l’intimità con la moglie – in piena crisi post partum (“di Giulia, in quel primo anno e mezzo, ricordo la nuca”), tornano “i demoni del sesso”, con una serie di avventure a metà strada tra la dimensione reale e quella onirica. Sullo sfondo, l’Italia dei giorni nostri nel pieno della crisi, che non risparmia nemmeno il ristorante del protagonista.

Scurati analizza in maniera spietata e cruda la società odierna, e se possibile tale analisi appare ancora più spietata dai tempi de “Il sopravvissuto”: se, infatti, nel romanzo che gli ha guadagnato il Premio Campiello nel 2005 l’Autore si sofferma sulla disfatta del rapporto tra un professore e il suo allievo prediletto – che si rende colpevole di una carneficina il giorno dell’esame di maturità, sparando a tutti i membri della commissione tranne a lui – ne “Il padre infedele” il mistero dell’insegnamento e, fondamentalmente, il fallimento di questo cede il passo ad una riflessione più intimistica, spostandosi nella coscienza del protagonista (che parla sempre in prima persona) e, soprattutto, nel suo rapporto con la figlia.

Non è un caso che Glauco, in realtà, si senta maggiormente colpevole dei suoi tradimenti (in realtà non è mai chiarito se si tratti di tradimenti consumati oppure solo sognati) nei confronti della figlia Anita, e non di Giulia: il “padre” è infedele, non il “marito”. Anita avrebbe dovuto unire la coppia e, invece, paradossalmente, diventa la “nazista del sonno”, ossia ciò che divide marito e moglie, stremati dalla stanchezza e dalla mancanza di riposo.

Eppure, la bambina rappresenta uno dei pochi – se non l’unico – motivo che ha il protagonista per andare avanti, è il perno attorno al quale ruota tutta la storia e la stessa esistenza di Glauco, completamente preso da questo legame esclusivo con la bambina, dal corso pre-parto ispirato alle tecniche yoga e al non dolore fino al primo giorno di asilo, rapporto a due nel quale la madre è dipinta solo come una figura sullo sfondo.

Un romanzo (quasi una confessione) che si articola attraverso una serie di “scatti”, piccoli episodi di vita vissuta, posti all’interno di una più ampia riflessione sull’identità del “maschio”- padre, e più in generale sull’intera società, una storia che si legge tutta d’un fiato ma che poi ti costringe a tornare indietro di qualche riga per comprendere, “assaporare”, i pensieri di Scurati/Glauco.

E’ una riflessione senza sconti sui temi della famiglia (nella società della crisi ed essa stessa in crisi, altro che gli spot della pasta descritti nel libro in cui si vedono le coppie felici che invecchiano insieme..!), della paternità – che oggi arriva sempre più tardi – del modo di diventare e essere padre.

Alina Domi

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