Si dice che la pagina di Dostoevskij abbia una struttura intimamente drammaturgica, ma non sempre le trasposizioni teatrali delle sue opere rivelano una vera ragion d’essere.
Fra le poche eccezioni, I Demoni, nella monumentale edizione Peter Stein, e un indimenticabile allestimento, visto al Mittelfest nel 2010, di Delitto e castigo del Mladinsko Gledališče di Lubiana, firmata da Diego de Brea.
Non è facile rendere sulla scena la tormentata, intensa prosa di Fëdor Michajlovič; ed è quasi banale osservare che, se l’autore avesse ritenuto di esprimersi anche nel linguaggio del teatro, l’avrebbe affrontato lui stesso.
Premesse queste riserve di principio, con Il topo del sottosuolo, l’inveterata passione dostoevskiana di Alberto Oliva e Mino Manni – non a caso la compagnia da loro fondata si intitola “I demoni” – sortisce un felice risultato.
Rinunciando a scandagliare la contorta indole e i rovelli psicologici di Raskol’nikov, Oliva (regista) e Manni (attore) lavorano drammaturgicamente, a quattro mani, su un personaggio minore di Delitto e castigo: Svidrigajlov. Una scelta solo apparentemente riduttiva, che consente invece al regista e all’interprete di costruire un oggetto drammaturgico di intenso ed efficace impatto.
Se il paesaggio socio-antropologico dell’800 russo è attraversata da un endemico oblomovismo, del quale sono imbevuti i più vividi personaggi della letteratura (dall’Onegin di Puškin, all’eponimo antieroe di Gončarov, fino ai personaggi che abitano il teatro di Čechov), Dostoevskij ha ritagliato, su quell’avvolgente sfondo, figure connotate da inquietanti, a volte demoniaci umori sulfurei: Svidrigajlov è uno di questi.
Manni riesce a cucirsi addosso con naturalezza il personaggio, rendendone icasticamente i molteplici aspetti della complessa, contraddittoria personalità. La regia lo inserisce in uno spazio non tradizionale, in un contatto ravvicinato col pubblico che, come lui, siede a tavolini ingombri di vino e bicchieri. Nel corso dello spettacolo, Mino se ne scola almeno un paio, sviscerando letteralmente il personaggio, con una violenza quasi autolesionista, senza pudori, fino a una sorta di primitiva danza infernale, mentre un video, proiettato su una parete di mattoni, restituisce i fascinosi primi piani di un’anonima figura femminile.
Certo, una via praticabile per portare in scena Dostoevskij.
Claudio Facchinelli
Il topo del sottosuolo
Da Delitto e castigo, di Fëdor Dostoevskij
Adattamento di Alberto Oliva e Mino Manni
Con Mino Manni
Regia di Alberto Oliva
Produzione Teatro Franco Parenti e Compagnia i Demoni, in residenza
Visto il 29 novembre 2016