Improteatro Festival, “Naked” – l’attore è nudo

E’ attraverso i limiti che si dimostra il genio. Se è così, l’improvvisazione teatrale, come disciplina, di restrizioni e limitazioni se ne impone parecchie, al solo scopo di divertirsi nella scomodità, nel saggiare la difficoltà, mettersi alla prova assieme al pubblico che, nella peculiarità dei diversi format previsti, dal più sperimentale al più collaudato, diventa parte integrante delle performances. Spesso questo ruolo viene giocato con un semplice spunto dal quale prende il via tutta l’azione, altre volte, come nel caso di “Naked”, gli improvvisattori entrano in scena subito dopo che uno spettatore a loro insaputa, abbia sistemato gli unici oggetti di scena a loro disposizione: due sedie e un tavolo. Ecco quanto è successo ieri presso gli affascinanti spazi del TIN di Napoli nel corso del sesto e penultimo incontro dell’ ImproTeatro Festival.

In scena fanno il loro ingresso gli interpreti del gioco, due in questo caso, ma il numero non è mai condizione di nulla, a volte estrema forza, altre volte ulteriore livello di difficoltà auto inflitta. E dal momento dell’ingresso ha il via … la “cosa”. Chi scrive ammette il proprio imbarazzo del descrivere cosa sia una performance di improvvisazione teatrale. In parte esperimento scenico, simulazione di un piano sequenza cinematografico, senza soluzione di continuità, in parte lavoro a braccetto col pubblico che fino alla fine ieri sera è rimasto rapito e divertito dalla storia imbastita, in parte, ancora un interessante esercizio di fantasia, drammaturgia, attoriale aperto a ogni inferenza del cuore. Perché, come dichiarano Fabrizio Lobello e Patrizio Cossa nei momenti che continuano a dedicarsi col pubblico alla fine dei 50 minuti di spettacolo cronometrati, nell’improvvisazione non c’è assolutamente spazio per il pensiero, troppo farraginoso, non altro se non un’inutile zavorra all’azione immediata. I due, completamente “spogliati” da schemi preattivati e concertati, Naked, per l’appunto, costruiscono un efficace gioco di flashback e narrazione in prima persona in salsa mafiosa. Il tutto concedendo spazi anche a inferenze di un umorismo che mai fa scadere l’impressionante ritmo della storia che culmina con un – è il caso di dirlo – coup de thèatre inatteso e soddisfacente. La “cosa”, si diceva, infine, è stata impreziosita dalla pulizia degli interventi che si integrano in un modo tale da rafforzare i sospetti di complotto preordito degli “improscettici”.

Ci spingiamo a dire che, probabilmente, l’improvvisazione è una delle strade che nel futuro potrà prendere il teatro, o evolvendosi in qualcosa di più costruito, snaturando la propria essenza, oppure restando ciò che è “drammaturgia del momento presente” e, per questo, vivo solo nella fantasia di chi quel momento ha vissuto, meravigliosamente effimero e sganciato dal tempo.

Antonio Gargiulo

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