Italianesi: storia dimenticata di un popolo senza terra

Saverio La Ruina torna a Bisceglie – dopo la sorprendente performance Dissonorata – con Italianesi, spettacolo che riflette sulla condizione di milioni di “senza terra” alla ricerca della loro identità.

 

Continua il viaggio di uno tra i più importanti narratori italiani contemporanei alla scoperta – o meglio riscoperta – di vicende individuali che siano emblematiche per una moltitudine.

Nell’ambito del Prologo dell’Ulivo e della Terra, appuntamento che ha anticipato la stagione 2015-16 del Teatro Garibaldi di Bisceglie, ritroviamo ancora una volta Saverio La Ruina – regista, drammaturgo e straordinario interprete calabrese dalle origini lucane – nelle Vecchie Segherie Mastrototaro, luogo di antica tradizione biscegliese.

Questa volta va in scena Italianesi – Premio UBU 2012, Premio Enriquez 2012, Premio Antonio Landieri 2012 “Migliore attore” con Menzione speciale al Premio Internazionale Teresa Pomodoro 2012 – un monologo toccante sulla triste vicenda di Tonino che trascorre i primi quarant’anni di vita internato in un campo di prigionia in Albania. Unico capo di accusa: essere italiano, e quindi essere nemico del regime messo in piedi alla fine della seconda guerra mondiale. Tonino, in realtà, è nato in Albania da mamma albanese e parla la lingua del posto. Lui, di italiano, ha solo un padre – rimasto intrappolato in Albania dopo la fine dei conflitti internazionali – che non ha mai conosciuto perché rimpatriato a seguito dell’ascesa della dittatura, poco prima della sua nascita. Per anni vive con il mito dell’Italia, inculcato dal vecchio sarto del campo, un uomo dalle origini calabresi che gli farà da padre. Sarà lui ad insegnare al protagonista l’arte dell’abbinamento dei colori, della scelta delle stoffe. Attraverso i racconti del sarto, Tonino cresce convinto che l’Italia sia il posto più bello del mondo, dove le città d’arte sono continuamente illuminate dai raggi del sole, dove si sente suonare musica ad ogni angolo di strada. Scoprirà presto, però, che la realtà poco ha a che vedere con questo sogno ad occhi aperti, basato sui ricordi di un anziano signore che parla con orgoglio e amore della sua madre-patria. Dopo la caduta del regime e la riapertura delle frontiere, Tonino, alla ricerca di suo padre che desidera conoscere, mette piede per la prima volta in Italia, da uomo libero – lui che nel suo paese natale veniva apostrofato con disprezzo come uno “sporco italiano”. Ma ad accoglierlo nel tanto sognato paese – quel paese che stuzzicava la sua potente immaginazione – solo sguardi sfuggenti e discriminazioni per essere, di fatto, uno straniero albanese. Italianesi racconta al pubblico proprio di questo paradossale mondo di mezzo, in bilico tra due patrie che non gli riconoscono nessuna appartenenza. E questa tragedia dimenticata, che è la tragedia di un popolo intero, lascia allo spettatore l’onere di una cruda riflessione sugli eventi legati alla nostra attualità riguardo ai flussi migratori.

Saverio La Ruina, ancora una volta, parte dal testo e dalla sua lingua per descrivere la storia di una moltitudine attraverso il racconto della vita di un singolo. La scrittura della vicenda passa da un flash-back all’altro, tra continue interruzioni e digressioni, quasi a mostrare quanto ricordarla non sia semplice.

La Ruina ha ormai abituato il suo pubblico ad un teatro essenziale: in primo piano il testo – con tutte le sfumature che il linguaggio regionale gli consente – e la sua voce, delicata e dal tono sommesso, quasi intimo. Unico elemento sulla scena spoglia è una sedia che lo accompagnerà e gli farà da sostegno alla gamba zoppicante. E’ così che ripercorre, insieme allo spettatore, gli eventi terribili causati dalla politica di quegli anni, soffermandosi sulle vite private di milioni di persone che hanno vissuto in una continua situazione di sradicamento, mezze italiane e mezze albanesi: italianesi, appunto.

 

Alessandra Lacavalla

ITALIANESI, visto il 21 novembre 2015, Vecchie Segherie Mastrototaro, Bisceglie

di e con Saverio La Ruina

musiche originali Roberto Cherillo

 

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