L’America danzante di “Thundering Silence”

Nel cortile del Museo Nazionale del Bargello Il racconto di un’americanità attraverso l’esaltazione del silenzio secondo la Peridance Contemporary Dance Company di New York.

Il Florence Dance Festival presenta un’esperienza che arriva direttamente dall’America; con “Thundering Silence” la Peridance Contemporary Dance Company di New York diretta da Igal Perry porta in scena un trittico che permette di concentrarsi su alcuni evidenti aspetti comunicati dal solo linguaggio coreografico. Di base la danza contemporanea adattata alle tante immagini che si intendono richiamare. Undici danzatori in tutto ma nessun vero interprete principale, piuttosto tante diverse figure che possono esaltare se stessi per mezzo di particolari caratteristiche fisiche e tecniche. C’è molta America nello spettacolo, non solo per la scelta di alcune composizioni musicali, ma soprattutto per gli inevitabili richiami a coloro che rivoluzionarono il modo di pensare alla danza, soprattutto quella statunitense, nello scorso secolo. Dalle linee spigolose di Martha Graham ai frizzanti richiami balanchiniani di esperienze come “Who Cares?”, lo spettacolo concede l’occasione per riprendere un filo del discorso in maniera originale, perché la tradizione che richiama non è presentata come la fotografia di un’epoca, ma come fonte d’ispirazione da cui partire per proporre qualcosa di diverso.

Mascia Del Prete realizza la coreografia di “Gesture”, il primo dei tre momenti dello spettacolo. Il silenzio è parte integrante della composizione musicale ed anzi diventa ciò che permette allo spettatore di concentrarsi sui dettagli “rumorosi” che spesso sfuggono all’attenzione di chi guarda, concentrato invece sulla ricerca di un’armonia tra musica e movimento fisico. In questa prima parte c’è una forte energia e un suggestivo dinamismo legato soprattutto all’esplorazione del corpo; si tratta di una sorta di danza che va alla scoperta di sensazioni apparentemente sconosciute ma connaturate nello spirito dell’uomo: il concetto di spazio per esempio, quello di forza ma anche la carnale attrazione fisica.

Il secondo inciso coreografico invece porta il nome dell’intero spettacolo: “Thundering Silence” a primo impatto sembra discostarsi di netto dalla precedente esperienza, meno marcato sia dalla musica che dai movimenti, nell’idea di un flusso continuo che ha fine solo quando arriveranno gli applausi. Accurato è l’uso dello spazio che spesso si delinea nella sola estensione di un fascio di luce, spesso in grado di ospitare al massimo due danzatori. Anche in questa parte c’è una ricerca di forma: morbide movenze caratterizzano questo momento artistico come se si trattasse di un gioco d’esplorazione che permette di concentrarsi su un ordine fatto però di linee precise. La continuità della danza infatti si sofferma su delle immagini fisiche a cui si giunge dopo aver approfondito una certa gamma di movimenti.

L’ultima parte è senza dubbio quella più deliziosa, dall’atmosfera più sognante e spensierata soprattutto per la scelta musicale in vero stile anni Cinquanta. I richiami a Balanchine, al charleston e al tip tap come genere americano, sono evidenti, come tradizione da cui partire o semplicemente da rievocare. Dwight Rhoden realizza la coreografia di “Evermore”, terzo e ultimo momento dello spettacolo, parte che si presenta come il punto più alto di un climax anche d’espressività: a differenza dell’inizio in cui i danzatori esaltano il solo movimento, qui si avverte anche il piacere di una danza che diverte, rallegra e allieta come uno svago in cui ai gesti coreografici si accompagnano i sorrisi e i cenni d’intesa. Quest’ultima parte sembra propriamente dar voce al gesto che segue le diverse canzoni di Nat King Cole scelte per la coreografia: il movimento assume così la stessa funzione della parola nella frase.

Uno spettacolo squisito che fa dell’eleganza formale un punto di forza. “Thundering Silence” mostra quanto non siano necessari particolari virtuosismi o effetti speciali per lasciare un segno nello spettatore, dal momento che ciò che serve è solo il giusto abbinamento di una certa coreografia per i danzatori che andranno a realizzarla.

Firenze – Museo Nazionale del Bargello, 28 luglio 2015

Laura Sciortino

GESTURESCoreografia: Mascia Del Prete; Musica: Vladislav Delay, Roll the Dice, Piano Interrupted, Origamibiro; Danzatori: Shay Bares, Joanna DeFelice, Craig Dionne, Gildas Lemonnier, Leigh Lijoi, Madison McPhail, Eila Valls, Sedrig Verwoert; Costumi: Shay Bares; Luci: Brant Thomas Murray.

THUNDERING SILENCE Coreografia: Igal Perry; Musica: Vladimir Martynov; Danzatori: Shay Bares, Joanna DeFelice, Craig Dionne, Nami Kaigaishi, Samuel Asher Kunzman, Gildas Lemonnier, Leigh Lijoi, Madison McPhail, Eila Valls; Costumi: Keiko Voltaire; Luci: Brant Thomas Murray.

EVERMORECoreografia: Dwight Rhoden; Musica: Jazz Standards by Nat King Cole; Danzatori: Shay Bares, Craig Dionne, Nikki Holck, Samuel Asher Kunzman, Leigh Lijoi, Madison McPhail, Eila Valls, Sedrig Verwoert; Costumi: Shay Bares, Elena Comendador; Luci: Brant Thomas Murray.

Photo: Cherylynn Tsushima.

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