“Lavia dice Leopardi” nel cortile del Museo Nazionale del Bargello

Il nuovo consulente artistico del Teatro della Pergola porta in scena i “Canti” di Leopardi nel cortile del Museo del Bargello di Firenze.

laviaTutta la filosofia di Giacomo Leopardi è racchiusa in quei “Canti”, alcuni dei quali venivano fatti imparare a memoria a scuola sin dalle elementari e sono rimasti indelebili nella mente delle persone. In essi vi sono parole e scene che ritornano in maniera ossessiva, determinanti per rappresentare la metafora della vita secondo l’autore. Anche se la visione del mondo è cupa e deludente, anche se nelle sue poesie Leopardi esprime una sofferenza incommensurabile, le immagini che lascia sono soavi, lievi, gentili, talvolta anche allegre. Sono versi piacevoli, e alcuni di essi, rimarcati più volte da Lavia, riecheggiano nella testa dopo aver assistito allo spettacolo “Lavia dice Leopardi”, allestito nel cortile del Museo in occasione dell’Estate al Bargello.

Da poco assunta la carica di consulente artistico del Teatro della Pergola, con cui la collaborazione già da qualche anno si era fatta più intensa, Gabriele Lavia rende omaggio al poeta di Recanati con un recital dei “Canti” che proprio a Firenze, nel 1831, furono pubblicati per la prima volta. Di quelli più famosi si ritrova qualche traccia anche nei ricordi degli spettatori: basta un piccolo incipit lanciato dall’artista che subito alcuni di loro cominciano a recitarli. Lavia, invece, preferisce “dirli”. E infatti racconta loro “Il sabato del villaggio” soffermandosi su ogni singolo verso, cercando di  trovare una spiegazione alle scelte linguistiche di Leopardi oppure andando alla scoperta dell’origine e del significato di alcune espressioni. È così che, come spesso accade, i ricordi di gioventù dell’attore si intersecano con quelli del poeta e vanno a confondersi anche con le rimembranze del pubblico presente. Gabriele Lavia rimane immobile, seduto su una sedia, e ragiona sul noto canto rendendolo un oggetto ancora tutto da indagare. Ha di fronte persone curiose e incantate, come gli scolari di fronte a un professore che sa affascinare con il suo sapere.

Conclusa la sua analisi si alza in piedi e comincia a “dire” tutta la poesia per intero e, senza fermarsi, procede con le altre in una successione indistinta. Ascoltare i “Canti” di Leopardi in un unico flusso continuo permette di assaporarne ogni parola e confrontarla con le altre: colpisce quante volte i termini “notturno” e “speme” ritornino nei versi delle varie opere, magari collocati in circostanze diverse. In quella sonorità profonda, in quelle immagini ricche di significato, l’universo esistenziale di Giacomo Leopardi sembra quasi prendere consistenza e si ha la sensazione di poterlo ammirare come in un quadro. Merito anche dell’interprete che alla fine del suo “canto” ininterrotto si lascia andare a riflessioni, anche personali, sull’opera leopardiana, paragonandola ad autori di teatro a lui – naturalmente – ben noti. Lo spettacolo non poteva non chiudersi con il canto più famoso, “L’infinito”, su cui l’attore ragiona insieme agli spettatori che poi invita a declamare con lui in un unico coro.

FIRENZE – Museo Nazionale del Bargello, 22 giugno 2014

Mariagiovanna Grifi

LAVIA DICE LEOPARDIRegia: Gabriele Lavia; Autore: Gabriele Lavia, tratto dai “Canti” di Giacomo Leopardi; scene: Museo Nazionale del Bargello; produzione: Fondazione Teatro della Pergola.

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