“Lear” di Roberto Bacci: un re degno di Shakespeare

Al Teatro Era, il debutto di un nuovo e interessante lavoro firmato Teatro della Toscana.

Dopo 400 anni dalla morte di Shakespeare, “Lear”, diretto da Roberto Bacci e liberamente ispirato al “Re Lear” del drammaturgo inglese, prende vita sulla scena del Teatro Era di Pontedera, roccaforte, insieme al Teatro della Pergola, del Teatro della Toscana.

Caterina Simonelli - Silvia Pasello - Silvia Tufano Lear foto di Roberto PalermoPiù che prendere vita, Lear sembra consegnarsi alla morte: la vicenda ha una sola possibile prospettiva, la tragedia. È al Teatro della Pergola che si svolge la conferenza stampa di “Lear”, che poi andrà in scena al Teatro Era. Il regista si esprime con passione come se il suo spettacolo fosse un percorso, un frammento di vissuto, un’esperienza condivisa con gli attori e con tutte quelle competenze tecniche che stanno dietro le quinte, che non si vedono, ma che sono necessarie per ottenere risultati. Si tratta di una riduzione necessaria, data la complessità dell’intreccio originale, ma in realtà gli spunti di riflessione sono talmente tanti da mostrare la volontà di andare al di là della trama. Lear è un vecchio re che prende una decisione: lasciare il regno per dedicarsi con tutto sé stesso alla propria vecchiaia. Ma che cos’è la vecchiaia? È quello che aspetta ogni essere umano che ha la fortuna di raggiungerla, è il traguardo naturale di ogni vita, in cui si può fermarsi a riflettere su chi siamo, su chi siamo stati, su cosa lasciamo a chi prende il nostro posto e se lo facciamo nel modo più adeguato.

Caterina Simonelli - Silvia Tufano - Lear foto di Roberto PalermoNon fa differenza se Lear è un uomo o una donna, perché è la vecchiaia la protagonista. Silvia Pasello indossa i panni di un re che, a sua volta, sceglie di spogliarsi della propria regalità, per cederla alle tre amate figlie. Dopo la vecchiaia, però, c’è il niente, e anche chi sembra amare il vecchio Lear è pronto ad approfittarsi di ciò che egli ha appena lasciato, per impossessarsene. Un vuoto di potere, come qualsiasi altro vuoto, non ha rimedio, se non quello di essere rimpiazzato. Se, invece, si decide di contemplare quel niente, ci accorgiamo di essere ciechi, sordi, nudi mendicanti. «L’uomo non è preparato al vuoto» afferma la Pasello; ne deriva un interrogarsi sul senso di tutto quello che abbiamo fatto, a patto che un senso esista. La risposta è di nuovo un vuoto, una mancanza, e dunque la denuncia dell’eterno niente della morte. Cercare di tutelarsi è ormai troppo tardi, ci renderebbe solo estremamente crudeli. Un Lear, quello di Roberto Bacci, che trascende le mere parole di una storia da drammatizzare. Il teatro diventa una sorta di scuola di vita per lo spettatore, una prova del nove dove ogni errore non porta ad esiti realmente disastrosi, ma anzi informa sui limiti che l’uomo ha e deve forse deviare, piuttosto di caderci dentro, a meno che si presenti la possibilità di avere il tempo per prepararsi.

Lear foto di Roberto Palermo 3I volti stanchi degli attori che prendono gli applausi sono la prova di una mimesi dell’anima, che rende vere emozioni fittizie. Sono queste stesse emozioni che attivano i sensi degli spettatori, testimoni delle vicende che si svolgono alla corte di Lear. Interessantissimo è l’uso delle maschere: da una parte rimandano al teatro classico, dall’altro sono un medium poetico che permette ai personaggi di prendere distanza dal proprio ruolo e di ammirarlo dall’esterno. Essi diventano esseri neutri, senza volto, individui senza identità; ma sono anche generici spettatori, in bilico fra semplice osservazione e una possibile immedesimazione nel personaggio. Fantasmi, con un nome o senza nome, che muovono e si muovono all’interno di bellissime quinte di carta. Un continuo movimento, necessario sulla scena del teatro come su quella della vita. È un effetto onirico, magico, quello che creano le scene del brasiliano Màrcio Medina, evocanti tempi lontani, mitici ma quasi tangibili. Le stesse sensazioni sono provocate dai costumi e dalle musiche di Ares Tavolazzi, fortemente evocative.

Lear foto di Roberto Palermo -2La regia di Bacci è un ottimo lavoro, in cui si percepiscono gli spunti creativi del team tecnico ma anche l’impegno degli attori, ognuno ben immedesimato nel proprio personaggio. Tanti piccoli percorsi individuali messi insieme dalla bacchetta magica invisibile di un bravo regista: è questo che rende lo spettacolo davvero eccezionale. Silvia Pasello è perfetta nel ruolo di Lear, carattere ben riconoscibile, che si trasforma in un anima asessuata; è la dimostrazione che un bravo/a attore/attrice più interpretare tutto, uomo, donna, vecchio, giovane che sia. Senza nulla togliere a nessuno degli attori, tutti ugualmente notevoli, una menzione va a Savino Paparella, nei panni di Edgar che, come Lear, si spoglia di tutti i suoi abiti, questa volta non per scelta né per vecchiaia, ma per costrizione, e rimane completamente nudo sul palcoscenico; il nudo si vede spesso sulle scene contemporanee, ma molto raramente è motivato, non volgare e forte di significato. Edgar, obbligato a fuggire dalla propria identità a causa della crudeltà del fratello illegittimo, diventa un relitto umano, una nuda statua di creta che sembra aver perso ogni dignità umana, ma che saprà rialzarsi e indossare una nuova maschera: egli è ancora giovane, forse non può o non vuole ancora contemplare il vuoto, proseguirà dunque la strada della vita.

«Ci siamo divertiti, ed è raro in teatro. Mettersi in difficoltà è la cosa più divertente che esista». Sono le parole con cui Roberto Bacci termina la conferenza stampa, e che ci risuonano nelle orecchie alla fine dello spettacolo. Ed ecco che veramente il teatro, contemplando il nulla, è in grado di regalarci tanto.

Pontedera – TEATRO ERA, 10 aprile 2016.

Benedetta Colasanti

LEAR – Ideazione: Stefano Geraci, Roberto Bacci; liberamente ispirato a: William Shakespeare; regia: Roberto Bacci; interpreti: Silvia Pasello (Lear), Caterina Simonelli (Goneril), Silvia Tufano (Regan), Maria Bacci Pasello (Cordelia), Tazio Torrini (Edmund), Savino Paparella (Edgar), Francesco Puleo (Conte di Gloucester), Michele Cipriani (Fool); assistente alla regia: Francesco Puleo; progetto scene e costumi: Màrcio Medina; musiche originali: Ares Tavolazzi; luci: Valeria Foti e Stefano Franzoni; immagine: Cristina Gardumi; foto: Roberto Palermo; realizzazione costumi: Fondazione Cerratelli, in collaborazione con il Laboratorio di Costumi e Scene del Teatro della Pergola; realizzazione scene: Scenartek; consulenza musicale: Emanuele La Pera e Elias Nardi; consulenza storico-musicale: Stefano Pogelli; studio registrazione musiche: S.A.M. di Mirco Mencacci; allestimento: Leonardo Bonechi; sarta: Giulia Romolini; amministratrice compagnia: Caterina Botti; si ringraziano: Biarnel Liuteria, Carlo Macchi, Chiara Occhini; produzione: Fondazione Teatro della Toscana.

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