“Les contes d’Hoffmann” di Offenbach: il fascino del demoniaco e la forza salvifica della poesia

Il progetto L.T.L. Opera Studio mette in scena una delle partiture più affascinanti e inquietanti della produzione operistica francese della seconda metà dell’Ottocento.

contes-olympiaIl progetto L.T.L. “Laboratorio Toscano per la Lirica – Opera Studio”, nato nel 2001 dalla sinergia tra il Teatro Verdi di Pisa, quello del Giglio di Lucca, il Goldoni di Livorno e, da quest’anno, il Teatro Coccia di Novara, rappresenta una delle migliori esperienze nel campo della formazione e perfezionamento per le professioni del teatro musicale e si basa su un approfondito lavoro di studio e messa in scena con giovani cantanti e maestri collaboratori. E i risultati si vedono. Non a caso nel 2013 è stato insignito del prestigioso premio Abbiati quale «migliore iniziativa di riferimento territoriale nello sviluppo, produzione e promozione dell’opera, in un’ottica di costante ricerca tra repertorio e titoli meno frequentati, l’attenzione ai giovani ed il contenimento dei costi senza venire meno alla qualità».

La proposta formativa predilige titoli operistici inconsueti, ma di grande complessità teatrale, in particolare nel rapporto fra espressione musicale e attorialità. Per il 2013 la scelta è caduta su “Les contes d’Hoffmann” (“I racconti di Hoffmann”), opera eclettica e visionaria di Jacques Offenbach, rimasta incompiuta alla morte del compositore nel 1880. La versione scelta è quella di Pierre Barbier del 1907 nell’edizione francese Choudens, ritenuta «la più chiara e comprensibile», «ma anche la più difficile, soprattutto per il tenore».

contes-giuliettaIl soggetto riunisce tre episodi ispirati ad altrettanti racconti dello scrittore tedesco E.T.A. Hoffmann: “L’uomo della sabbia” (atto II), “Il consigliere Krespel”, noto anche come “Il violino di Cremona” (atto III), “Le avventure della notte di San Giovanni” (atto IV), inseriti all’interno di una cornice narrativa tratta dai “Fratelli di San Serapione” (atto I ed epilogo). Trait d’union tra le storie la lotta psichica del protagonista (Hoffmann stesso) tra il bene e il male, tra l’amore e la morte. Un tema di moda nella Parigi della seconda metà dell’Ottocento, dove la nascente psicanalisi, lo spiritismo e l’occultismo affascinavano il pubblico e la critica. ‘Il piccolo Mozart degli Champs-Élisées’, come Wagner amava definire Offenbach, proietta così in scena le forze demoniache della mente umana attraverso la presenza fisica e tangibile del diavolo: Lindorf, Coppelius, il Dottor Miracle, lo stregone Dapertutto, diversi personaggi per un medesimo incubo, dove la malvagità vince sempre. Il confine tra realtà e sogno diventa sfumato e solo il potere salvifico della creazione artistica può sottrarre il protagonista dall’inevitabile follia. Il fedele amico Niklausse si rivela: egli è la Musa stessa del poeta che ha camuffato le proprie sembianze per proteggere Hoffmann e riconquistarne l’amore. «Che la tempesta delle passioni si plachi verso di te! L’uomo non è più, rinasce poeta», in questi versi sta tutto il senso dell’opera.

contes-antoniaLa regia di Nicola Zorzi e le belle scene di Mauro Tinti restituiscono efficacemente la dimensione onirica, trasportandoci in un «luna park della mente» dove la fiaba si trasforma, inevitabilmente, in incubo. Sin dal prologo lo spettatore è coinvolto nel dramma che sta per svolgersi sulla scena e assiste, assieme ai frequentatori della taverna, alla proiezione dei racconti di Hoffmann. L’effetto straniante è favorito sia dal profumo dei sigari degli avventori, che invade la platea, sia dal luminoso boccascena, un doppio di quello utilizzato come arredo scenico. Si subisce così la stessa fascinazione dei protagonisti di fronte alle innovazioni introdotte dalla scoperta dell’energia elettrica e presentati nelle fiere cittadine della Parigi di fine Ottocento: gli automatismi musicali e meccanici, le ‘pantomimes  lumineuses’, le giostre carillon. Salvo poi scoprire che sono proprio quelli gli strumenti attraverso cui il demonio si impossessa delle anime.

La trascinante direzione di Guy Condette restituisce tutta la complessità e l’eleganza della partitura di Offenbach: dalla leggerezza di quei passaggi che rimandano più da vicino al mondo dell’operetta (di cui il compositore era maestro incontrastato), agli accenti malinconici di brani quali la celebre “Barcarolle”, fino all’energia dei passi demoniaci. Mai esagerata, riesce a sostenere con delicatezza gli interpreti.

Buona la prestazione dei solisti, tutti giovanissimi, quando non al loro primo esordio operistico. È il caso di Murat Can Güvem che ha sostenuto egregiamente il doppio ruolo di Spalanzani e Nathanael. Eccellente la prova delle tre protagoniste femminili: Anna Delfino (Olympia), che ha dimostrato anche notevoli capacità sceniche, Madina Serebryakova-Karbeli (Antonia) e Valentina Boi (Giulietta). Quest’ultima, assieme al mezzosoprano Arianna Rinaldi (Niklausse) ha offerto, tra l’altro, una partecipata interpretazione dell’aria della “Barcarolle”.  Meno convincente il tenore Giovanni Coletta che, nonostante il promettente inizio, si è rivelato sempre meno incisivo, quasi non riuscisse a sostenere l’impegno (per altro oneroso) richiesto dalla sua parte.

Lo spettacolo sarà nuovamente in scena a Livorno (13 e 14 febbraio), Lucca (22 e 23 febbraio) e Novara (29 e 30 novembre). Un’occasione da non perdere.

PISA – Teatro Verdi, 9 febbraio 2014.

Lorena Vallieri

LES CONTES D’HOFFMANN (Opéra-fantastique in quattro atti di Jacques Offenbach su libretto di Jules Barbier e Michel Carré, versione di Pierre Barbier del 1907, Éditions Choudens) – Direttore: Guy Condette; regia: Nicola Zorzi; scene: Mauro Tinti; costumi: Elena Cicorella; disegno luci: Michele Della Mea; maestro del coro: Marco Bargagna.

Interpreti. Hoffmann: Giovanni Coletta; Lindorf/Coppelius/Dottor Miracle/Dapertutto: Carlo Torriani; Antonia: Madina Serebryakova-Karbeli; Olympia: Anna Delfino; Giulietta: Valentina Boi; Niklausse: Arianna Rinaldi; Spalanzani/Nathanael: Murat Can Güvem; Madre: Mia Yaniw; Crespel/Luter: Eugenji Gunko; Andres/Cochenille/Frantz/Pittichinaccio: Massimiliano Silvestri; Hermann/Schlemil: Juan Josè Navarro; Orchestra Arché; Ensemble vocale del progetto LTL Opera Studio 2013, in collaborazione con Ars Lyrica.

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