“L’ultimo harem” e le donne a cui vengono ‘rubate le ali’

Al Teatro di Rifredi dieci anni di repliche e di tutto esaurito per il fortunato spettacolo di Angelo Savelli.

Serra Yilmaz-L'ultimo harem ridLAMU7956Giunti nel foyer del Teatro di Rifredi ci accorgiamo subito che quella che ci attende è una serata fuori dagli schemi. Il personale in servizio fornisce dettagliate “istruzioni per l’uso”: «Gentile spettatore, stai per assistere a un evento particolare che richiede la tua cortese collaborazione…» e la porta che normalmente consente l’accesso alla sala è chiusa, trasformata in guardaroba. Si viene invitati a percorrere il tortuoso corridoio dei camerini, tappezzato dalle locandine dei successi passati e presenti della Compagnia “Pupi e Fresedde” che qui ha la propria sede dal 1976. Ci ritroviamo così sul palcoscenico, avvolti in un’atmosfera da fiaba, dove incensi profumati, aria rarefatta, luci soffuse, gorgoglio dell’acqua, concorrono a trasportarci in una dimensione onirica, lontana. Veniamo fatti accomodare su gradinate coperte di cuscini e preziosi tappeti che circondano senza soluzione di continuità tre dei quattro lati della scena; siamo dunque parte integrante della scena stessa, spettatori voyeuristici di ciò che accade tra le mura dell’harem.

l'ultimo harem 00Con un salto spazio-temporale, siamo stati trasportati in una lontana sera del 1909, a Istanbul, nell’harem del palazzo di Yildiz Humeyra, dove una seducente favorita circassa, insieme a Seza, anziana guardiana, e Sumbul, capo degli eunuchi imperiali, attende l’incerta visita del sultano Abdul-Hamid. La scena è ricca e di grande impatto visivo: al centro del pavimento di marmo di Carrara si innalza un’ampia piattaforma quadrata, decorata con mattonelle e bordata d’oro; ai suoi lati due fontane a forma di conchiglia da cui sgorga acqua corrente. Sulla quarta parete, quella senza le gradinate, è proiettata l’immagine del muro di un antico bagno turco; infine, un vecchio baule custodisce tessuti preziosi.

l'ultimo Harem 04Mollemente adagiata al centro della piattaforma la giovane, discinta e annoiata, ascolta la litania della ‘başkalfa’ Seza, intenta a leggere versi in turco. Il nostro straniamento è facilitato proprio dalla voce seducente, bassa e profonda di Serra Yilmaz che tesse il filo del racconto: «C’era una volta e non c’era una volta. Nei tempi antichi quando il setaccio stava con la paglia, quando i cammelli erano pulci e le pulci cammelli, quando io cullavo mia madre nella culla, tre mele sono cadute dal cielo…». Le sue parole, seppur ‘fiabesche’, ci guidano verso un’acuta riflessione sulla condizione della donna, e non solo quella turca. Perché i recinti e le prigioni che rinchiudevano (e a volte proteggevano) le donne rievocate sulla scena sono le stesse che rinchiudono (e a volte proteggono) le donne di tutti i tempi. E da sempre l’uomo ha cercato, e cerca tuttora, di ‘rubare le ali’ all’universo femminile. Il desiderio di possesso del protagonista della novella dell’orafo Hassan, tratta da “Le mille e una notte”, si perde nella notte dei tempi.

Intanto, fuori dal muro dell’harem, la storia reale preme per entrare, la rivoluzione turca è in corso e irrompe prepotente sulla scena attraverso la proiezione di vecchie fotografie dell’Istanbul dei sultani e delle favorite, lentamente sostituite da immagini della Turchia moderna.

l'ultimo harem133Comincia così la seconda parte de “L’ultimo harem”, ambientata, come recita una didascalia, «Ai giorni nostri, in un posto qualsiasi della Turchia cioè del mondo». La scena si trasforma in una chiassosa casa di oggi dove ferri da stiro, panni da lavare e detersivi dominano incontrastati. Qua due donne, Nebilè e Guzin, vivono soffocate dal quotidiano e sognano improbabili fughe dalla realtà. Ma i loro tentativi, reali o solo immaginati, le conducono da una prigione a un’altra. Il problema, per noi spettatori, è che quelle fughe sono talmente improbabili, da rendere difficile una nostra totale identificazione emotiva. Occorre un notevole sforzo per capire e partecipare alla loro fragilità, alla loro voglia di riscatto da rapporti sentimentali opprimenti e che le fanno sentire inadeguate, alla loro paura dell’abbandono.

Nonostante qualche personale dubbio sulla seconda parte, la formula sperimentata da Angelo Savelli piace, e non poco, al pubblico; lo dimostra il regolare sold out che di anno in anno accompagna le recite de “L’ultimo Harem”. E vista la grave crisi che caratterizza il teatro di oggi, non possiamo che esserne contenti. Uno spettacolo che indubbiamente deve gran parte del suo successo alle doti di straordinaria affabulatrice di Serra Yilmaz: le variazioni di tono e la cadenza della sua voce sembrano cullare l’orecchio dell’ascoltatore, trasportandolo lungo sentieri impensabili. Una bravura che trascina anche Valentina Chico e Riccardo Naldini, sul palcoscenico con lei per tutta la durata dello spettacolo.

In occasione del decimo anniversario, lo spettacolo è diventato anche un libro, edito da Titivillus, che raccoglie il testo, le foto di scena e le interviste ai protagonisti di un’avventura che va avanti da dieci anni.

Firenze – Teatro di Rifredi, 28 marzo 2014

Lorena Vallieri

L’ULTIMO HAREM –  Pupi e Fresedde-Teatro di Rifredi; autore: Angelo Savelli; scene e costumi: Mirco Rocchi; luci: Roberto Cafaggini; musica e immagini a cura di Angelo Savelli e Serra Yilmaz.
Interpreti: Serra Yilmaz; Valentina Chico e Riccardo Naldini.

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