“Madama Butterfly”: drammaturgia di un suicidio

Al Teatro Comunale di Firenze il capolavoro di Puccini magistralmente diretto dal Maestro polacco Juraj Valčuha.

MadamaButterfly_credits Rocco Casaluci (1)

Milano, Teatro alla Scala, 17 febbraio 1904: tra il pubblico scaligero serpeggiavano attesa e aspettative per la  prima di “Madama Butterfly”, tragedia giapponese di Giacomo Puccini. La serata si rivelò un fiasco totale e l’opera fu impietosamente fischiata da un’agguerrita claque, ostile al compositore e al suo editore Ricordi. In una lettera all’amico Camillo Bondi, Puccini commentava: «con animo triste ma forte ti dico che fu un vero linciaggio. Non ascoltarono una nota quei cannibali. Che orrenda orgia di forsennati, briachi d’odio. Ma la mia Butterfly rimane qual è: l’opera più sentita e suggestiva ch’io abbia mai concepito. E avrò la rivincita, vedrai, se la darò in un ambiente meno vasto e meno saturo d’odi e di passioni». Parole piene di amarezza, ma profetiche. Il dramma venne immediatamente ritirato dal cartellone e sottoposto a una lunga e accurata revisione, diventando poi una delle più belle pagine della nostra tradizione operistica.

Non a caso dopo 110 anni da quella prima sfortunata rappresentazione, tre templi della lirica italiana ripropongono in contemporanea “Madama Butterfly”: il Teatro Regio di Torino (1-6 febbraio), il Comunale di Firenze (6-13 febbraio) e il Carlo Felice di Genova (18 febbraio-2 marzo), a cui va aggiunto almeno il nuovo allestimento previsto per il festival pucciniano di Torre del Lago (25 luglio-24 agosto). Segno inequivocabile dell’irresistibile attrattiva che la ‘tragedia giapponese’ di Cio-Cio-San (letteralmente ‘La signora Farfalla’) continua a esercitare sul pubblico.

Per l’occasione il Maggio Musicale Fiorentino ha scelto l’allestimento di Fabio Ceresa, già prodotto nel 2009 dal Teatro Comunale di Bologna. D’intesa con la scenografa Giada Tiana Claudia Abiendi, Ceresa ha realizzato una scena essenziale e stilizzata, quasi un giardino zen, dove pochi elementi contribuiscono a creare quell’atmosfera orientale necessaria alla piena comprensione del dramma. La casa di Butterfly, cuore dell’azione, è disegnata con spoglie canne laccate di rosso, una sorta di ‘Torii’ (tempio tradizionale giapponese) consacrato all’amore della fanciulla per Pinkerton. Circondata dall’acqua, essa esprime la struggente solitudine della protagonista e, nel suo isolamento, già presagisce l’inevitabile suicidio finale. Anche l’uso sapiente delle luci riesce ad accompagnare con delicatezza l’intima tragedia di Cio-Cio-San, il suo dramma interiore. Geisha di poco valore, venduta al matrimonio con un americano, essa è prigioniera del proprio delirio, un desiderio di riscatto dall’inevitabile epilogo tragico. Ed è allora efficacissima la chiusura del secondo atto, quando Butterfly, stremata dall’attesa, si abbandona al sogno del ritorno del marito, che vediamo comparire in scena e abbandonarsi tra le braccia della donna. Ultima irreale illusione di felicità, prima dell’inevitabile scoperta dell’abbandono. Si tratta, come noto, di uno dei momenti più celebri dell’intera opera, quando il coro “a bocca chiusa”, sostenuto dal solo accompagnamento della viola d’amore, esprime tutto il dolore della protagonista, simbolicamente privata anche del sollievo della parola. Un brano che è stato eseguito in maniera magistrale dalla compagine artistica del Maggio.

MadamaButterfly_credits Rocco Casaluci (2)Come accennavamo, l’allestimento di Ceresa lascia poco spazio allo sguardo, ma non per questo la scelta va criticata. Al contrario, è forse uno dei punti di forza della serata. La musica e il canto riescono infatti a tornare padroni incontrastati dello spettacolo. Merito anche di Juraj Valčuha, dal 2009 direttore stabile dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI e al suo debutto operistico a Firenze. La lettura che dà dell’opera risulta pulita, nitida, finalmente priva di quegli orpelli retorici che troppo spesso appesantiscono le interpretazioni del capolavoro pucciniano. La partitura riesce così a esprimere tutta la propria potenza drammatica e a svelare all’ascoltatore attento le sue finezze poetiche ed emotive.

Eccelsa la prova della protagonista, il soprano Yasko Sato, perfettamente a suo agio con il fraseggio pucciniano. La sua Butterfly rispecchia fedelmente l’impostazione che Valčuha e Cesera hanno dato allo spettacolo: lineare, espressiva, essenziale quanto efficace nel manifestare i propri più intimi affetti. Ma la sua seppur splendida esibizione ha rischiato di passare in secondo piano di fronte alla strepitosa Suzuki di Manuela Custer. Il mezzosoprano ha dimostrato un’estrema duttilità vocale e una notevole perizia tecnico-stilistica, accompagnate a una presenza scenica non indifferente.

Per quanto riguarda le voci maschili il baritono Julian Kim è uno Sharpless partecipe  e privo di incertezze, mentre, Vincenzo Costanzo, appare a tratti incerto nel ruolo di Pinkerton. Buona l’esecuzione del resto del cast tra cui sono da segnalare Diego Barretta (Yakusidé), Vito Luciano Roberti (Ufficiale del registro) e Sabina Beani (madre).

Nel complesso dunque, uno spettacolo che regala forti emozioni.

FIRENZE – Teatro Comunale, 11 febbraio 2014.

Lorena Vallieri

MADAMA BUTTERFLY (Tragedia giapponese in tre atti – da John L. Long e David Belasco – di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa; musiche di Giacomo Puccini; edizione Edwin Kalmus & Co., Boca Raton, Florida) – Direttore: Juraj Valčuha; regia: Fabio Ceresa; scene: Giada Tiana Claudia Abiendi; costumi: Massimo Carlotto; luci: Pamela Cantatore; maestro del coro: Lorenzo Fratini.

Interpreti. Madama Butterfly (Cio-Cio-San): Yasko Sato; Suzuki: Manuela Custer; Kate Pinkerton: Milena Josipovic; F.B. Pinkerton: Vincenzo Costanzo; Sharpless: Julian Kim; Goro: Roberto Covatta; Yamadori: William Corrò; Lo zio Bonzo: Cristian Saitta; Yakusidé: Diego Barretta; Il commissario imperiale: Ivan Marino; L’ufficiale del registro: Vito Luciano Roberti; La madre di Cio-Cio-San: Sabina Beani; La zia: Ilaria Sacchi; La cugina: Eun-Young Jung; Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino.

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