Le “Mulignane” di Gea Martire si accompagnano ad abbondante riso ed un pizzico di pepe

Al Teatro Sancarlucio di Napoli il divertente “Mulignane” con una straordinaria Gea Martire

martireAlle origini c’è un  racconto ( “Reinbow drim”) che l’autrice Francesca Prisco, grazie alla collaborazione di Gea Martire, ha trasformato in  un monologo dal titolo “Mulignane”, subito rivelatosi un piccolo spettacolo-cult, già acclamato dal pubblico napoletano, e che ora arriva al rinato Teatro Sancarluccio, nel week end a cavallo fra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio..

Gea Martire, nei panni della zitella, che ricorda per certi versi la “bruttina stagionata” di covitiana memoria, riesce a dare vita e corpo ad una serie di metamorfosi fisiche ed interiori che raramente hanno trovato tanta profondità e spessore in uno spettacolo che apparentemente potrebbe sembrare di pura evasione, grazie anche alla perfetta regia di Antonio Capuano, che prende per mano protagonista e testo, e li accompagna in un percorso non banale, irriverente e poliedrico, in cui lo spettatore non riesce a prendere fiato, seguendo le peripezie della donna con grande partecipazione e divertimento. L’anonima (sia per il suo aspetto che perché non ne conosceremo mai il nome) impiegata frustrata,  trova identità ed indipendenza grazie alla scoperta del sesso estremo, a cui il fattorino Peppino la inizierà, e,  tra frustini e falli di plastica, l’anatroccolo diventerà cigno prima, poi addirittura aquila, rapace e dominatrice di un gioco che la troverà finalmente protagonista della sua vita., riscattandola dalla dominazione del suo amante, della sua  collega, del suo capufficio, delle sue amiche e, soprattutto, di sua madre, tutte persone che, alla luce della sua emancipazione, riveleranno la piccolezza e lo squallore che prima la donna non riusciva a ravvisare, schiacciata dal complesso di inferiorità. Un’emancipazione, quella della protagonista, che passa attraverso le melanzane,  che danno il titolo allo spettacolo, a Napoli intese  metaforicamente come i lividi che la donna riceverà sul corpo e nell’anima da Peppino, al quale lei restituirà, in una divertente nemesi, sotto forma di piatto di parmigiana, il cui principale in gradiente è proprio il violaceo ortaggio. Dire che Gea Martire sia straordinaria non è una ridondanza, ella appare assolutamente convincente ed è impressionante la trasformazione di cui è protagonista in scena, a vista di un pubblico completamente soggiogato dal suo carisma interpretativo. Fatto salve alcune piccole ripetizioni ed alcuni compiacimenti su cui si sofferma di tanto in tanto il testo, lo spettacolo è una perfetta macchina teatrale, che ben rappresenta un segmento drammaturgico che coniuga impegno e divertimento in maniera sapiente e coinvolgente.

Gianmarco Cesario

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