NELLA CASA: Dove il ‘cenerentolo’ di turno si trasforma in un essere umano complesso

 

Dans-la-maison-10-480x312Il film di Ozon è liberamente tratto dal testo teatrale “El chico de la última fila”, dello spagnolo Juan Mayorga. E’ la storia dell’incontro-scontro tra un ragazzo estremamente portato per la scrittura e un professore, amante della letteratura e scrittore mancato, ‘Il ragazzo dell’ultimo banco’ desta la curiosità del professore scrivendo un tema in cui parla della vita quotidiana di una casa borghese in cui lui stesso a poco  a poco si è insinuato, per solitudine, e per raccontare di un padre e un figlio mediocri che soffocano una donna insoddisfatta, sofferente e molto affascinante.

I piani messi a fuoco dal regista sono tre: la vita dei due protagonisti del film, la storia scritta dal ragazzo, e l’immaginazione del ragazzo stesso mentre scrive, che si mescolano tra loro, in un complesso e ben riuscito gioco di rimandi.

La storia narrata dal piccolo scrittore cambia in base ai consigli del professore o agli ironici ‘sgambetti’ che il ragazzo sfrutta per provocare il suo mentore. Il gioco tra realtà e finzione in cui i due si imbattono si fa sempre più pericoloso, ma sembra che la cosa non li tocchi, la febbre della scrittura, la creazione di una trama, e in definitiva lo svelare le pieghe nascoste dell’anima dei personaggi attraverso la parola, (cosa che a sua volta si diverte a fare Ozon con le immagini), è un processo ormai inarrestabile e stravolgerà le loro vite fin quando non rimarranno entrambi soli, senza più nulla, ma ancora desiderosi di inventare storie, uniti dalla loro continua guerra psicologica reciproca, malata, distruttiva ma creativamente esaltante.

L’intreccio dei piani narrativi, da solo, riesce a far sorridere e sorprendere lo spettatore che ha accettato di lasciarsi guidare attraverso una trama che sembra avere delle regole, ma le infrange di continuo, che si sviluppa lentamente, si arresta di colpo e torna indietro, più volte, per prendere una strada diversa, e lo fa senza forzare la mano in nessun modo, senza ricorsi a facili escamotage visivi e senza che la voce narrante spieghi cosa stia realmente succedendo.

C’è senza dubbio un grande slancio di fiducia da parte del regista nei confronti dello spettatore, cui spetta il piacevole sforzo mentale di ‘chiudere il cerchio’, in continuazione, mentre si aprono nuovi interrogativi. Si tratta di una specie di delicato thriller psicologico senza morti né feriti e senza una soluzione definitiva, di un gioco al rimpiattino perfetto per chi avesse voglia di lasciarsi sedurre e divertire, noioso, destabilizzante e irritante per chi si rifiutasse di giocare ad un gioco le cui regole cambiano in continuazione o per chi avesse la presunzione di capire tutto già ad un quarto d’ora dall’inizio del film.

A sorreggere ed assecondare la delicata e perfida ironia della pellicola sono stati chiamatigrandi attori, tutti perfettamente in parte, e così come il professore (Fabrice Luchini) e la moglie (Kristin Scott Thomas) riescono nel tentativo di dipingere una coppia un po’ sgangherata, buffa e spiazzante, il ragazzo (Ernst Umhauer), riesce a dare perfettamente l’idea del piccolo subdolo, pericoloso, ma anche delicato, ‘ragazzo complicato’.

Finalmente, in un film non troppo ‘di nicchia’, il cosiddetto ‘ragazzo problematico’ non viene trattato, come un povero ‘cenerentolo’ da cartone animato, buono, bravo, sfruttato, ignorato e nonostante questo smielatamente e surrealmente amabile, ma come essere umano complesso, che cresce districandosi nelle sue difficoltà psicologiche, che conosce il dolore e ha capito quindi prima degli altri come questo possa essere usato per colpire, manipolare e in definitiva per ottenere attenzione.

L’unica specie di amore che conosce funziona così, e in questa pellicola, (poco importa che si tratti della realtà o di un racconto nel racconto), riesce a strapparlo con la forza della scrittura al suo professore che, dal canto suo, attratto profondamente dalle pericolose ombre della sua immaginazione, perderà tutto ciò che ha nella vita, restando però fermamente aggrappato a quel legame, malato e ossessivo, che permetterà ad entrambi di continuare a scoprire storie, personaggi e luoghi dell’anima, si immagina, altrettanto derisoriamente bui.

Elisabetta De Luca

 

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