“Orfeo ed Euridice” e l’inferno che è dentro ciascuno di noi

Per la chiusura del 77° Maggio Musicale Fiorentino rappresentato alla Pergola un nuovo allestimento dell’opera di Gluck.

10531216_4353708698134_1996401031_nDall’antichità classica ai giorni nostri, il mito di Orfeo ha goduto, e gode, di una fortuna ininterrotta tanto nelle arti visive, quanto in quelle letterarie e spettacolari, che più volte lo hanno reso protagonista come cantore e musico che accompagnò la nave degli Argonauti guidata da Giasone, o come incantatore di animali selvatici, ammansiti dalla sua musica apollinea. Ma è stata soprattutto la sua fatale storia d’amore e morte, cantata per la prima volta da Virgilio e da Ovidio, a scatenare la fantasia degli artisti.

Un impulso decisivo venne della fortuna musicale e teatrale di tale variante del mito, che ottenne da subito un posto d’onore nel melodramma. Si pensi alle precoci prove dell’“Euridice” di Jacopo Peri e Giulio Caccini, nonché dell’“Orfeo” di Alessandro Striggio e Claudio Monteverdi. Ma anche alla sua ripresa in numerosi quadri e dipinti. Sulla scia di Pieter Paul Rubens, la toccante scena della supplica di Orfeo ai regnanti dell’Oltretomba ispirò opere di rara bellezza, come quelle di Jean Restout, Giovanni Antonio Burrini, Francesco Cervelli e Antonio Canova. È questo il contesto cronologico e culturale che ispirò e accolse l’opera lirica “Orfeo ed Euridice” di Christoph Willibald Gluck su libretto di Ranieri de’ Calzabigi, rappresentata in prima assoluta al Burgtheater di Vienna il 5 ottobre 1762 e riproposta al Teatro della Pergola dal regista Denis Krief.

10510246_4353711578206_1233999426_nLa versione di Vienna aveva un inedito lieto fine: l’intervento del dio Amore in persona che, commosso dalla disperazione di Orfeo, decide di far ricongiungere gli sposi, nonostante la prova fallita. Per il resto, il clima del libretto è perfettamente aderente a quello sin qui descritto e ampio spazio viene dato alle scene infernali, narrate con fosche tinte, cariche di suggestioni visive che rimandano ai quadri della grande pittura europea. Niente di tutto questo si trova nell’allestimento dell’opera a cura di Krief. Il regista, che ha ideato anche le scene e i costumi dello spettacolo, ha preferito cogliere una diversa suggestione, anch’essa suggerita dal libretto di Calzabigi, in particolare dal verso: «Ho con me l’inferno mio», non a caso più volte proiettato nel corso della rappresentazione. Ne è nata un’interpretazione intimistica, fuori dal tempo e dallo spazio, in cui protagonista diventa il dolore per una perdita definitiva, per un’assenza irrecuperabile che incombe sull’anima di Orfeo, come la pesante pietra tombale di Euridice, sempre presente sulla scena. Un’interpretazione innovativa e più che convincente, resa ancora più efficace dall’ambientazione ideata da Krief: pochi pannelli bianchi che la rifrazione della luce rende di un candore immacolato. Nel corso della rappresentazione essi vengono chiusi per formare un cubo opprimente quando Orfeo è nel mondo reale, mentre si dilatano in una ampia prospettiva centrale quando simboleggiano il regno di Ade. Uno spazio dell’anima, dunque, dove i ruoli comunemente attribuiti all’inferno e alla realtà si ribaltano e il primo diventa un momento di liberazione dalle sofferenze a cui siamo condannati nella quotidianità.

Abbiamo invece trovato un po’ troppo concettose, e nel contempo banali, le proiezioni che accompagnano il viaggio verso l’inferno: viaggio che diventa una corsa in macchina nella notte, lungo un tunnel che forse vuole richiamare quello parigino De L’Alma, verso una rumorosa e caotica vita di locali e discoteche. Così come risulta un po’ forzato, vista l’impronta contemporanea data a tutto l’allestimento, il richiamo, sul finale, all’epoca di Gluck, costringendo il coro ad abbandonare i vestiti eleganti e moderni per pomposi abiti settecenteschi. Di difficile comprensione anche il balletto della coreografa Cristina Rizzo: una scrittura contemporanea che si basa sulla destrutturazione del movimento e che è affidata in ampia parte all’improvvisazione di sei ballerini, che riescono comunque a dimostrare tutta la loro abilità.

10554976_4353709578156_1411104392_nCompletamente opposte, ma estremamente interessanti, le scelte musicali. La direzione di Federico Maria Sardelli è caratterizzata da un’accurata restituzione filologica che cerca il più possibile «di ricreare quell’incanto e quelle emozioni che l’opera generò al suo apparire». A tal fine il Maestro toscano ha condotto un approfondito studio sul manoscritto originale della prima versione dell’“Orfeo” del 1762, oggi conservato alla Bibliothèque Nationale de Paris e, pur emendandolo in alcune parti, ha deciso di utilizzare nell’esecuzione strumenti storici. È il caso non solo del clavicembalo, ma anche e soprattutto dell’arpa barocca, dello chalumeau contralto e del cornetto rinascimentale; oggi ormai rari, ma che facevano parte dell’organico originale. Anche ai cantanti viene concesso un ampio margine di libertà, permettendogli, come era prassi del tempo,  di introdurre variazioni e dimostrazioni di bravura.

Il ruolo di Orfeo, originariamente scritto per il castrato Gaetano Guadagni, è affidato al mezzosoprano Anna Bonitatibus, interprete d’eccezione del repertorio barocco. In questa esecuzione è convincente e conferma le sue doti canore, in particolare nella resa degli affetti, arrivando a commuovere il pubblico nella celebre aria “Che farò senza Euridice?”. Il soprano Hélène Guilmette è un’Euridice evanescente,  mentre Silvia Frigato interpreta con voce limpida Amore fanciullo.

FIRENZE – Teatro della Pergola, 8 giugno 2014.

Lorena Vallieri

ORFEO ED EURIDICE – Azione teatrale per musica in tre atti di Christoph Willibald Gluck su libretto di Ranieri de’ Calzabigi; Edizione a cura di A. Abert e L. Fincher; Editore proprietario: Bärenreiter-Verlag (Kassel); Rappresentante per l’Italia: Casa Musicale Sonzogno di Piero Ostalli (Milano).

Direttore: Federico Maria Sardelli; Regia, scene e costumi: Denis Krief; Elaborazione video: Nicola Calocero; Coreografia: Cristina Rizzo; Assistente regista: Pia Di Bitonto; Assistente scenografo e costumista: Angela Vasta; Assistente coreografo: Leone Barilli; Maestro del coro: Lorenzo Fratini.

Interpreti. Anna Bonitatibus (Orfeo); Hélène Guilmette (Euridice); Silvia Frigato (Amore); Margherita Mana, Gaia Mazzeranghi, Leone Barilli, Duccio Brinati, Fabrizio Pezzoni, Pierangelo Preziosa (Danzatori); Giulia Nuti (Maestro al cembalo); Ann Fierens (Arpa barocca); Orchestra e coro del Maggio Musicale Fiorentino.

Foto: © Pietro Paolini / TerraProject / Contrasto

Share the Post:

Leggi anche