“Oscar Wilde, il sogno italiano”
Il viaggio nel tempo di Renato Miracco

A quasi quarant’anni da “Verso il Sole. Cronaca del soggiorno napoletano”, Renato Miracco torna sul “luogo del delitto” e, ancora per i pregiati tipi di Colonnese, celebre casa editrice partenopea, torna a parlare degli anni in riva al Golfo di Oscar Wilde, con tanto nuovo – prezioso – materiale, ponendo la lente d’ingrandimento sugli ultimi, malinconici, anni, tra espulsioni umilianti (come al Quisisana di Capri) e fatiche economiche. In un emozionante percorso punteggiato da lettere e nuovo, inedito materiale, “Oscar Wilde. Il sogno italiano” svela le luci, e soprattutto le ombre, di un declino irreversibile causato dagli anni di prigionia, e dal troppo alcool. Con stile rapido ed asciutto, confortato da una bella introduzione di Philip Kennicott, Miracco tratteggia mirabilmente una figura orgogliosa e piena di pride ante-litteram, ma anche – spesso – meschina nelle piccolezze della vita spinte dal bisogno, vita sempre, ostinatamente devota al godimento. Nei turbini religiosissimi degli anni della fine, trovano sempre spazio, nella vita decadente prima, e decaduta poi, del poeta irlandese, giovani putti a cui offrire poemi, carezze e spiccioli, in una coerenza stupefacente e dolorosa. Nella villa di Posillipo con Lord Douglas, il giovane odiato e amato, o nella solitudine di Palazzo Bambino a Santa Lucia, Wilde si muoveva inquieto, spesso di notte, a caccia di una pace mai realmente desiderata, tra sigarette persino durante i pasti, e il terrore dei topi e delle zanzare fin dentro la stanza. Ferito da una moglie che gli negava la vista dei figli amatissimi e con il disprezzo della stampa (come giudicare le invettive della Serao, da molti considerata modernissima anche allora?), Oscar entrava nel mito con una consapevolezza persino infantile, mentre attorno a lui si consumavano gli ultimi spasimi dell’800. Per poi morire a Parigi, rimpiangendo Napoli e detestando fino all’ultimo l’ingrata Londra. Tra le bellissime foto del libro, copertina compresa, i ritratti torbidi ed osceni di Van Gloeden, altro esule dell’Europa del Nord e amico di Oscar, e che cercò, nelle lecite immersioni carnali del Sud, il conforto ai propri sogni inquieti. Chissà cosa penserebbero, entrambi, dei rigurgiti medievali dei tempi odierni, pronti a mettere in discussione le nuove conquiste, nell’eterna altalena della storia.

Antonio Mocciola

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