La Roma di Caravaggio

Oggi ho avuto il grande piacere di scambiare quattro chiacchiere con Tommaso Zanello, in arte Piotta, rapper romano dal talento longevo e cristallino. Abbiamo ripercorso insieme il periodo degli esordi e ci siamo concentrati sul suo amore per Roma, amore espresso in Suburra – Final Season, il suo ultimo album, uscito in concomitanza con l’arrivo della terza e ultima stagione di “Suburra – la serie”. Tommaso dipinge una Roma nuda e cruda, senza nessun orpello, una città ben lontana da quella immobile, vuota e artefatta descritta da Sorrentino nel film La grande bellezza!

Ciao Tommaso, come stai affrontando questo delicato momento storico?
Meglio che posso, ovvero lavorando all’etichetta, producendo beat, scrivendo canzoni, ritagliandomi persino lo spazio per suonare con la band, in attesa di ripartire con i live, ma chissà quando mi domando, dopo aver perso sia il tour estivo che il tour di Suburra.

Quando hai iniziato a scrivere le tue prime rime in rap?
Avrò avuto 16-17 anni e stavo ancora al Liceo Classico Giulio Cesare, con Brusco, Villa Ada Posse etc. Loro reggae, io rap. Io dj in alcune radio romane e alle prese con dei jingle rap, i primi in italiano. Da lì l’idea di provare a sviluppare un brano vero e proprio, e dei testi più organici.

Come è nato il testo di 7 vizi Capitale, realizzata con Il muro del canto?
È nato sotto il temporale! Dovevo raggiungere Francesco Santalucia, un amico e un pianista eccezionale, con il quale ho scritto e composto il brano e il primo provino, prima della stesura realizzata poi con gli amici de Il Muro del Canto; ostinato dalla mia intuizione di mescolare la modernità del rap con il sapore e il suono popolare romano. Era la prima volta che mi vedevo con Francesco, ma nella musica come nella vita, o non succede molto o è amore a prima vista.

E così è stato. Ci siamo rinchiusi nella sua stanza della musica, mentre fuori la pioggia batteva il tempo come non mai, e le parole sono uscite da sole insieme alle note. Così è stato anche per “Solo per noi”, per “Le facce nascoste” – sempre scritte con lui – e non è un caso che lo abbia coinvolto per la colonna sonora di suburra.

Giotto affermava che Roma è la città degli echi, la città delle illusioni, e la città del desiderio. Per te Roma cosa rappresenta?
Giotto è un gigante! La Roma di cui parla è la Roma del Trecento, ed è un racconto bello, ma non mi affascina come quello di Caravaggio. In Giotto c’è troppa luce, in Caravaggio c’è il vero senso di Roma, con quel raggio di speranza pronto a squarciare la tela nera. È la luce che uso per dipingere con parole “7 Vizi Capitale”, “Cuore Nero”, “È ora di andare” e in generale tutta la colonna sonora.

Come è cambiato ad oggi il supercafone da quando hai iniziato a fare musica?
Sono passati più di vent’anni ed è successo di tutto, e non mi riferisco solo al lato lavorativo della musica, sebbene anche quello è cambiato, passando dai mixtape in cassetta alle produzioni su Spotify. Mi riferisco al Mondo, in termini macro, e alla mia vita personale in termini micro. C’est la vie, ed è bello così. Mi piace associare per ogni età della vita un mio adeguato commento musicale, sospinto da un costante spirito di studio e crescita, interpretativa e di scrittura. Non potrei mai perdonarmi di rimanere fermo e non studiare ed evolvermi fino all’ultimo giorno.

Come è nato l’album Suburra Final Season?
È nato da un rapporto di stima artistica, umana e professionale sviluppatosi con la produzione della serie, dalla prima stagione passando per la seconda. Ok, potevano conoscere il mio repertorio dai dischi, ma credo che avendo poi potuto testare di persona la professionalità e la conoscenza della materia sia dal punto di vista musicale che legale, abbiano pensato di potersi fidare e di poter correre il rischio di affidarmi una produzione così prestigiosa ed internazionale. Una bella sfida che, dati i tanti commenti ricevuti pubblici e privati, mi sento di poter dire di aver vinto assieme, e sotto lockdown, un dettaglio non da poco vista la complessità e la mole di lavoro.

Nell’album c’è un brano dedicato a ognuno dei personaggi principali, da Aureliano a Spadino, da Cinaglia a Samurai, da Angelica e Nadia a Manfredi. C’è un personaggio della serie a cui sei maggiormente affezionato?
Davvero tutti e nessuno, troppo lontani da me. C’è semmai questa loro apparente vittoria, che in realtà cela una sconfitta per tutti, che mi affascina. Il signore che alla fine riesce ad ottenere il successo è in fondo il meno umano di tutti, Cinaglia.

La sua trasfigurazione, dalla prima puntata all’ultima, dalle scarpe consumate agli abiti fiammanti, è degna della citazione pittorica di Raffaello, visto che di pittura si parlava. La differenza fondamentale è che però qui Cinaglia, che non solo non è Gesù ma è peggio persino di Barabba, anziché innalzarsi divinamente in cielo, sprofonda negli abissi dell’umanità più truce.

Per realizzare il videoclip de “La Giostra” sei voluto tornare al MAAM, come mai la scelta di questa location?
La parola location è riduttiva. È un mondo pieno di vita vera, di passione, di location nella location. Sembra infinita per quanto è grande e grande è l’arte in essa contenuta. È l’umanità bella che riconquista spazi brutti, porzioni di città depredati dal mondo degli affari. Il MAAM è un modo di fare rivoluzione che adoro, pacifica, colorata, creativa.

Progetti futuri?
La realizzazione del tour: desiderio al momento legato più che al futuro alla fantascienza!

 

Nuda come la bellezza grande come Roma
Santa e dissoluta Roma ama e non perdona
Roma ti divora come un barracuda
[…]
PIOTTA feat. Il Muro del Canto

Valerio Molinaro

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