Quartett: un gioco al massacro di algida bellezza

quartett fotoE’ bello tornare al Teatro Elicantropo di Napoli ed assistere ad uno spettacolo come “Quartett” di Heiner Muller, con Imma Villa e Paolo Coletta, regia di Carlo Cerciello, presentato da Teatro Elicantropo Anonima Romanzi e Prospet.

Questo perché l’Elicantropo non smette di essere una vera e propria fùcina di creatività teatrale e visionaria, sorprendendo sempre lo spettatore che vi si reca ad assistere agli spettacoli. Merito della sua anima profonda, cioè di Carlo Cerciello, ma merito anche della compagine che lo affianca da sempre, dell’entusiasmo dei giovani che anno dopo anno frequentano il Laboratorio Teatrale Permanente, dell’atmosfera così pregna di teatro che si respira e si è respirata sin dalla nascita di questo affascinante spazio teatrale.

“Quartett”, spettacolo storico di Cerciello messo in scena per la prima volta nel 2000 (Nomination Premio Ubu Sezione Premi Speciali del 2000, Premio Bartolucci 2001 al Festival di Sant’Arcangelo), ha oggi una riedizione con le interessanti e coinvolgenti scene di Marco Perrella, i bei costumi di Julia Luzny, mentre l’ideazione scenica originale è a cura di Massimo Avolio e Roberto Crea.

Straordinari interpreti ancora una volta Imma Villa e Paolo Coletta nei ruoli della marchesa di Merteuil e del visconte di Valmont, i due amanti libertini descritti magistralmente nel romanzo epistolare di Pierre Choderlos de Laclos: “Le relazioni Pericolose” che sono anche i protagonisti del testo teatrale del drammaturgo tedesco contemporaneo Heiner Muller.

“Quartett”, scritto da Muller nel 1982, si può di certo definire un gioco al massacro, un esempio lampante di quel teatro della crudeltà che ebbe il suo massimo esponente in Antonin Artaud.

Muller, autore di forte e smaliziata tempra, dal segno moderno e surreale, condensa in due personaggi i quattro fondamentali del romanzo epistolare: Merteuil, Valmont, Madame de Tourvel, Cecile de Volanges con uno scambio di ruoli frenetico e continuo, e un linguaggio dai toni forti e, appunto, crudeli.

I due protagonisti che nel corso della piéce si trasformano negli altri personaggi e quindi sostituiscono di volta in volta il ruolo di carnefice a quello di vittima, sono come delle belve in gabbia, degli esseri in fondo brutali, nascosti dalle maschere di quel bon ton settecentesco che Muller decodifica e frantuma con i suoi toni aspri e ironici, che si sbranano fino alla consunzione, fino alla morte reale e/o metaforica.

L’allestimento odierno di Cerciello mantiene inalterata l’intuizione fondamentale della sua messa inscena del 2000, operando solo una modifica stilistica nella scenografia ”perché fosse ancora più evidente, quanto la metastasi della favola disarticolata del ‘700, reinterpretata da Heiner Muller come metafora cangerogena del ‘900, trovasse, oggi, nel 2014, una cornice perfetta per il suo massimo epilogo morale, costituito dall’annientamento degli ideali.”

I due attori recitano in uno spazio bianco ghiaccio, chiuso, asettico, con teli di plastica trasparenti che rappresentano pareti e quinte, in una struttura che ingloba anche fisicamente lo spettatore, che assiste ed è coinvolto da presso nel massacro verbale e, insieme, stilizzato degli attori.

Lo spettacolo risulta sempre attuale, l’idea e la volontà che mette in scena Cerciello, reinterpretando Muller è di grande contemporaneità: un mondo disperato, una società che va sempre di più verso un baratro concettuale, una razionalità spietata, un gelo assoluto, una fredda eleganza che “somiglia sempre più al belletto di un cadavere”.

Ecco che la metafora settecentesca di Choderlos de Laclos di una società putrida, in disfacimento, che si avviava alla totale decapitazione ad opera della Rivoluzione Francese, ripresa e trasformata da Muller nella solitudine raggelata di una società novecentesca incancrenita nei suoi riti, attraverso questa messa in scena mostra – nella completezza – il volto in decomposizione di una umanità disperata. Una umanità che usa codici di effimera incomunicabilità, attraverso il sesso, il potere, infine la morte, smarrita e confusa nella sua identità. Non a caso l’idea geniale di Muller di operare un continuo scambio di ruoli, accentua il carattere di annullamento dell’essere umano e del suo fatuo potere al centro dell’universo.

Bisogna sottolineare che la regia di Cerciello assume in maniera totale e precisa le istanze del testo, con un lavoro di cesello che rende “Quartett” uno spettacolo di grandi suggestioni ma anche di forti segnali e, come si diceva, di precisa, coinvolgente contemporaneità.

Così è la perfetta prova attoriale di Imma Villa e Paolo Coletta, che si destreggiano in ironie, drammi, lucide follie, trasformandosi nei vari personaggi, giganteggiando pur agendo in uno spazio “recintato”. Due attori che si coinvolgono nel finissimo e dialettico dialogare di Muller, con un eccezionale feeling che li lega in un rapporto scenico osmotico molto bello. Assolutamente affascinanti e suggestive le musiche originali dello stesso Paolo Coletta che accompagnano l’azione con raffinatezza.

Uno spettacolo che dietro la patina dell’algida, bianca eleganza visiva, nasconde la ferocia del gioco al massacro, in una finzione che può trasformarsi in realtà. Molti gli applausi finali. Un plauso per una piéce da non perdere.

Napoli, TEATRO ELICANTROPO, 10 gennaio 2014

Delia Morea

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