Prima assoluta per Contemporanea Festival dell’omaggio ad Attilio Vecchiatto di Gianni Celati, in scena Claudio Morganti ed Elena Bucci.
«I teatri sono tombe e noi siamo anime dei morti che cercano di parlare ai vivi». Con queste parole l’attore Attilio Vecchiatto descrive una doppia condizione, quella dell’artista e quella dell’anziano, nell’opera di Gianni Celati dal titolo “Recita dell’Attore Vecchiatto nel Teatro di Rio Saliceto” (1996), la cui lettura scenica è stata presentata in prima assoluta al Contemporanea Festival di Prato presso il Teatro Magnolfi. Appropriata quindi la scelta di ospitare un numero ristretto di spettatori (venti) nello spazio-grotta adiacente al teatro (uno dei tanti luoghi che da ex-convento, poi orfanotrofio, sono stati inglobati nel centro culturale polivalente) e che si presenta come un sepolcro. Nella semioscurità i due attori, vecchi e stanchi, recitano quella che, forse, è la loro ultima scena. Si tratta del veneziano Attilio Vecchiatto (1910-1993) che, con sua moglie Carlotta, torna in Italia nel 1988 dopo aver raggiunto una fama internazionale grazie ai successi ottenuti prima a Buenos Aires, poi a New York (dove aveva fondato un piccolo teatro shakespeariano) e in Francia. Eppure dopo 50 anni di carriera nel suo paese nessuno lo conosce e non riesce a trovare un posto dove esibirsi, se non un piccolo teatrino in un paese dell’Emilia-Romagna: Rio Saliceto.
Il testo di Gianni Celati (già messo in scena nel 1998-1999 dal Teatro Stabile del Veneto “Carlo Goldoni” con la regia di Michela Zaccaria, interpretato da Mario Scaccia e Marisa Belli) racconta l’unica rappresentazione italiana di Vecchiatto con un monologo a due voci, dove i coniugi tentano invano di recitare i sonetti (scritti dallo stesso attore) di fronte a un solo avventore, una donna che, probabilmente, neanche li sta ascoltando. Claudio Morganti ed Elena Bucci, nei panni dei due anziani, hanno così l’occasione di mostrare al loro pubblico il dramma della vecchiaia. Arriva un momento in cui tutto ciò che si è fatto non sembra più contare, ci si sente “superati: i tempi sono cambiati e le nuove generazioni sono attratte da qualcosa di nuovo, incomprensibile, spesso volgare. Una volta esclusi dal mondo del lavoro gli anziani vengono emarginati e sviliti nella loro persona. Inoltre attraverso le parole di Attilio Vecchiatto viene lanciata una sprezzante denuncia alla nostra società e soprattutto a quell’industria culturale che predilige il “basso intrattenimento”, complici i mezzi di comunicazione e informazione. Espressione di una cultura alta e ricercata, di un teatro tradizionale, quasi antico, l’attore (autore di drammi, saggi e poesie) recita la sua “lezione di tenebra”, la sua operetta morale che, leopardianamente, non sembra lasciare alcuna speranza per il futuro.
Ecco perchè Attilio e Carlotta, ancora vivaci nei loro battibecchi da coppia, sono stanchi di lottare una battaglia persa in partenza. Invano Carlotta (compagna svampita e innamorata nella splendida interpretazione di Elena Bucci) cerca di convincere il marito (affaticato e deluso, ma ancora solenne – Morganti) a non mollare, a continuare a dare prova della sua grande arte; ma poi entrambi preferiscono inabissarsi, mano nella mano, in quella campagna abbandonata, “dove ci sono solo maiali”, che si fa via via sempre più buia.
Prato – TEATRO MAGNOLFI, 2 ottobre 2014
Mariagiovanna Grifi
RECITA DELL’ATTORE VECCHIATTO NEL TEATRO DI RIO SALICETO – Testo: Gianni Celati; Interpreti: Claudio Morganti, Elena Bucci.