Russian Classical Ballet ne “Il lago dei cigni”

Il grande classico del balletto per la collaborazione tra Versiliana e Pucciniano

Nel cartellone della 40° edizione de La Versiliana Festival ma sul palco del Gran Teatro Giacomo Puccini di Torre del Lago, il sempre apprezzato classico di repertorio “Il lago dei cigni”. Uno spettacolo a cura del Russian Classical Ballet che vede l’importante collaborazione tra i due noti festival estivi della riviera toscana.

Il Pucciniano presta non solo il grande spazio (in previsione di una grande affluenza di pubblico) ma anche la meravigliosa location sotto le stelle e sulle rive del lago di Massaciuccoli, un luogo suggestivo che rimanda chiaramente alla trama del balletto rappresentato. Non c’è bisogno di scenografia: l’allestimento è essenziale e i pochi oggetti in scena richiamano l’ambientazione cortigiana che intervalla gli atti cosiddetti bianchi dell’incantesimo, delle figure mitologiche e del contesto boschereccio. Se non dispiace vedere vuoto il fondale, il golfo mistico deserto lascia un velo di tristezza: è segno di un irreparabile affievolirsi del rapporto tra danza e musica; è causa della perdita di senso delle ouverture, mero intervallo nel buio nell’attesa, così come della magia del la dato dal primo violino e intonato poi all’unisono da tutti gli strumenti. Viene meno, in sostanza, l’anima del balletto romantico, quella del compositore.

Ormai canonica anche la riduzione degli atti da quattro a due: azione che, sebbene preferibile (e necessaria) quando ci si trova davanti a un pubblico copioso e mediamente poco formato, si dimostra poco filologica e sempre più superficiale nella scelta dei pezzi. Appare strano fruire un balletto povero scenograficamente e virtuosisticamente parlando; sebbene con doverose eccezioni, “Il lago dei cigni” presentato in Toscana dal Russian Classical Ballet di Mosca sembra inaugurare una sorta di gusto per il non finito, come se la danza e l’allestimento tutto, per definizione classici, facessero proprio l’aggettivo neoclassico. Attenzione: si intende il neoclassicismo dell’arte figurativa, quello che secondo Winckelmann guarda alle antiche rovine greche e realizza su quel modello opere appunto non finite. Se si riflette invece sul neoclassico in danza, ormai incarnato da spettacoli di grande successo come è il caso di “Roberto Bolle & Friends”, ci rendiamo conto di essere lontani dalla bellezza e dal rigore della tecnica. In questa versione de “Il lago dei cigni” di neoclassico c’è soltanto la meravigliosa e intramontabile musica di Tchaikovsky. Tra tanto contemporaneo, il critico sopraffatto dall’importanza del concetto e ossessionato dalla ricerca del significato rimane deluso dal non pieno raggiungimento della perfezione che si aspetta dal balletto romantico. È proprio la mediazione del contemporaneo che ci porta a porre attenzione sul dettaglio e sulla singola componente; a tal proposito torna in mente Jerome Bel e “Veronique Doisneau”, performance del 2004 che ha come protagonista una ballerina di fila dell’Opera di Parigi. Grazie al coreografo/regista Bel la danzatrice, ancora giovane ma a un passo dalla pensione, è libera di esprimersi sulla dura vita che ha condotto all’ombra della prima ballerina. Veronique Doisneau spiega al pubblico che una delle più apprezzate scene del balletto si trova ne “Il lago dei cigni”: un pezzo d’ensemble finalizzato a mettere in risalto l’interprete di Odette; lo stesso pezzo è uno dei più orribili per le ballerine di fila: queste ultime vorrebbero urlare o lasciare la scena ma sono schiave di una reale eppure poco notata immobilità, di un tempo dilatato proprio dalla noia e dalla sofferenza fisica. Si può allora parlare di una crisi dei balletti russi? No, se il pubblico rimane soddisfatto dai precisi fouettés dell’etoile, dalla sincronia dei quattro cigni e dai pezzi d’insieme che, nel complesso, sono ben eseguiti.

Ammirando uno tra i balletti più rappresentati, si è suggestionati dal cinema e dalla psicanalisi; si pensi soprattutto al film “Il cigno nero” di Darren Aronofsky che mette in luce l’aspetto freudiano del doppio (Odette/Odile) ma anche, con Jerome Bel, gli aspetti più duri e contorti della vita da palcoscenico; il pubblico conosce così un retroscena affascinante ma tetro. Il Russian Classical Ballet si preoccupa però di non turbare troppo i suoi spettatori proponendo un finale lieto atto a distogliere l’attenzione, almeno per un momento, dalle tragedie all’ordine del giorno. È la modulazione in tonalità maggiore del motivo principale di Tchaikosky che preannuncia la morte del cattivo Rothbart e il trionfo dell’amore tra Siegfried e Odette. Sempre in nome della consapevolezza filologica, ricordiamo che la prima versione de “Il lago dei cigni” non è quella canonicamente rappresentata con coreografie di Petipa e Ivanov (messa in scena nel 1895 presso il Teatro imperiale di San Pietroburgo) ma quella rappresentata nel 1877 al Teatro Bol’šoj di Mosca e coreografata da Reisinger e che il finale delle prime messinscene è quello tragico che vede i due innamorati destinati a unirsi soltanto nell’aldilà.

TORRE DEL LAGO – Gran Teatro Giacomo Puccini, 4 agosto 2019.

Benedetta Colasanti

IL LAGO DEI CIGNI – A cura di Russian Classical Ballet; musiche: Pyotr Ilyich Tchaikovsky; coreografie: Marius Petipa e Lev Ivanov; libretto: Vladimir Begitchev e Vasily Geltzer; scenografie: Russian Classical Ballet; costumi: Evgeniya Bespalova; direzione artistica: Evgeniya Bespalova.

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