“Storia di una ladra di libri”
quando le parole sono vita

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A ridosso dell’inizio della Seconda guerra mondiale, la piccola Liesel (Sophie Nélisse) viene affidata dalla propria madre in fuga, ai coniugi Hans Hubermann (Geoffrey Rush) e Rosa Hubermann (Emily Watson) in una piccola cittadina tedesca.
La bambina si troverà così catapultata in una nuova realtà. Dovrà far fronte alla perdita del fratellino, morto durante il viaggio, all’iniziale contrasto con la signora Hubermann e alle difficoltà a scuola per via della sua iniziale incapacità a leggere, e per questo oggetto delle derisioni da parte dei propri compagni di scuola. Trova conforto nei suoi libri che imparerà a leggere col sostegno in Hans, e nell’amicizia di Rudy.
Con lo scoppio della guerra, la famiglia dovrà ospitare segretamente il giovane ebreo Max Vandenburg (Ben Schnetzer) il quale, dopo aver stretto un legame molto forte,  le insegnerà che <<l’unica differenza tra noi e un grumo di argilla è la parola>>. Scrivendo in un diario (che le regalerà Max la notte di Natale), Liesel apprenderà la capacità di interpretare la realtà con delicatezza ed esprimerla con l’uso delle parole.

Tratto dall’acclamato romanzo “La bambina che salvava i libri” di Markus Zusak, il film, candidato all’Oscar per la Migliore colonna sonora, vede alla regia Brian Percival, il quale decide di incentrare il racconto sulla passione della protagonista per la lettura. Fa ciò avvalendosi di una regia semplice e classica. Ma anche di un terzetto di attori che svolgono ognuno il proprio ruolo in modo impeccabile. Geoffrey Rush nei panni di un padre amorevole e complice di scherzi e giochi. Emily Watson abilissima a mostrare un’evoluzione caratteriale che porta il suo personaggio dapprima a essere scontrosa e austera e successivamente morbida e affettuosa. Infine la piccola Sophie Nélisse, piacevole sorpresa che per tutta la durata del film (133 minuti) è sempre presente sullo schermo, riesce ad esternare le  sensazioni  che nascono dalle numerosi affetti  in cui ogni volta tenta di rifugiarsi
A ciò si contrappongono due possibili difetti: la durata stessa del film, che poteva essere diminuita di almeno 20 minuti e un prefinale troppo forzato e patinato, togliendo così credibilità recitativa.
Tuttavia il messaggio del regista è chiaro e arriva allo spettatore: dimostrare  come la lettura  sia baluardo di protezione nei momenti difficili, ancora di salvezza nelle avversità e infine fonte primaria di saggezza.

Dario Cerbone

04/04/2014

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