“Tu parlavi una lingua meravigliosa”: Lucio Dalla e il teatro

Sono solo 3 anni che è andato via Lucio Dalla eppure sembra passata un’eternità, tanta è la mancanza di un personaggio dalla personalità che definire grande può essere riduttivo, tanto era enorme la quantità di spunti e di riferimenti di un musicista totale e che è riuscito a lasciare qualcosa in tutti.

L’amore e questa quantità di spunti ha creato una serie di iniziative che si inseriscono nella scia, da cover fino ad opere teatrali: “Tu parlavi una lingua meravigliosa” si inserisce proprio in questa scia e porta sul palco Dalla, il meglio di Dalla, in un misto di teatro, spoken e musica. Lo spettacolo si è tenuto nella sede dell’Associazione “Erga Omnes”, nel pieno del Rione Traiano a Soccavo di Napoli ed è ad opera di Carmine Borrino, ma è portato in scena da Mariano Bellopede, pianoforte onnipresente, e da Francesca Colapietro, alla voce.

Lo spettacolo è un omaggio affettuoso a Dalla e lo si capisce da subito, dai vestiti delle due persone presenti sul palco con i costumi che nel corso degli anni hanno rappresentato il cantautore: dal gessato bianco e cappello in tinta, il gilet, gli occhiali da sole a goccia e il basco.

Il piano non si ferma mai, parte accennando “Come è profondo il mare” e continua seguendo il parlato e poi la voce della cantante: lo spettacolo cerca, seppur si tratti di un compito tutt’altro che semplice, di creare un filo comune tra le canzoni, cercando di raccontarle tutte in una storia unica. La sequenza dei brani è infatti quella più terrena e meno surreale del cantautore, quella che racconta le notti a Bologna, a Roma, la periferia tra poveri, cani, gatti e disperati. La selezione è probabilmente la migliore possibile poiché l’autore ha puntato soprattutto sui brani contenuti nei primi album: “Come è profondo il mare”, “Dalla”, “Lucio Dalla”, e così via. Probabilmente il meglio del cantautore bolognese.

Il piano riesce così a mantenere la continuità tra i vari momenti, mentre la voce pulita e precisa della cantante cerca di mantenere un tramite tra pubblico e il cantautore stesso, compito tutt’altro che semplice, ma che riesce visto il consenso finale degli spettatori comunque numerosi.  Forse ogni tanto c’è qualche perdita di quella dinamicità, tipica della genialità dei brani del cantautore bolognese; allo stesso tempo in certi casi la drammaturgia è un po’ esile ed il testo lascia molto più spazio alle canzoni: naturalmente questo non è un male, vista la loro grandezza.

Dallo spettacolo esce un pastiche interessante che riesce ad essere molto piacevole, mantenendo il rapporto con il pubblico sempre vivo, grazie al connubio tra i brani e le parole dello stesso Cantante. Il modo migliore per far rivivere la musica di un indimenticabile di Dalla.

Francesco Di Maso

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