“Verso la libertà”, la vita appesa a un sogno

 

Cinque amici ebrei (Ric, Rob, Ren, Raf, Ros), sullo sfondo dei rastrellamenti nazisti del ’44, organizzano, sullo spunto del più (apparentemente) folle di loro, un finto treno per ingannare i nazisti e simulare una deportazione verso un altrove che sa di libertà, e di tana. Nel gioco di ruolo serve un piccolo furher, che viene estratto a sorte, così come il conducente del treno. E si parte, verso la libertà, sogno perduto di milioni di uomini, donne e bambini.

Dopo tre anni di tour in giro per l’Italia “Verso la libertà”, liberamente tratto dallo splendido film “Train de vie” di Radu Mihăilean (che ebbe il solo torto di apparire sugli schermi nello stesso periodo del premiatissimo “La vita é bella” di Roberto Benigni, sullo stesso tema), approda finalmente a Napoli, allo Ztn, per ribadire una volta di più che si può parlare della piaga nazista senza melodrammi o false retoriche. Merito di Stefano Ariota, che assembla un cast affiatatissimo e sincronizzato alla perfezione, e dirige con discrezione e rigore, lasciando agli attori le proprie estrose individualità, senza imbavagliarne il talento. Brilla Mirko Ciccariello, a cui è affidato il commovente finale, gestito con la stessa misura con cui ha impersonato lo squinternato del gruppo; colpisce l’energico piglio di Carlo Liccardo, così come l’irrequieta ambiguità di Francesco Saverio Esposito. Se Peppe Carosella sa impersonare il leader del gruppo, anche per anagrafe, non dispiace il lavoro di sponda e di controscene di Luigi Esposito. I ruoli sono ritagliati molto bene, tutto è semplice, chiaro e definito, ma la godibiltà dello spettacolo non esclude (anzi, fa risaltare) fugaci e limpidi momenti di puro lirismo. Funziona bene, e merita lunga vita, “Verso la libertà”. Soprattutto, come avverte il regista nei saluti, per non dimenticare. Mai.

Antonio Mocciola

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